Per molti gli Spin Doctors sono ancora quelli di "Two Princes" ed anche io, che li seguo da sempre, faccio fatica a non riconoscere che il successo di Pocket full of kryptonite - questo il titolo di quel fortunato album che conteneva altre perle oltra alla citata hit - non è stato neanche lontanamente avvicinato con i lavori successivi. Turn it upside down vendette qualche milione di copie in meno del predecessore, rintanandosi in un funky-rock cui però mancava l'ispirazione; You've got to believe in something è passato nel totale dimenticatoio, pur essendo un disco veramente bello, anche se la stessa band lo ha cancellato dalla sua storia: ad oggi, sulle piattaforme online non c'è traccia del lavoro del 1996, forse perchè sostituirono alla chitarra il membro storico Eric Schenkman con tal Anthony Krizan, poi anche lui messo da parte a favore di Eran Tabib per Here comes the bride, disco del 1999 che neanche io ho mai avuto l'onore di ascoltare. Introvabile, il che la dice lunga sulla crisi che ha colpito la band dopo il mega successo milionario del debutto.
Negli anni 2000 la formazione è tornata quella storica, col rientro di Schenkman che ha permesso di licenziare il buon Nice talking to me (2005) nonchè il blueseggiante (e consigliatissimo) If the river was whiskey (recensione).
Il Covid ha lasciato uno strascico importante, con l'allontanamento dello storico bassista Mark White, uno dei punti di forza della band. Ed ora, in maniera del tutto inattesa, ecco dopo 12 anni il ritorno sulle scene dei ragazzi di New York, con un nuovo bassista, il bravo Jack Daley, e finalmente un disco convincente che riprende la formula di Pocket full of kryptonite pur con qualche deriva in più.
Face full of cake piazza subito una sequenza killer, composta da "Boombox", apertura veramente orecchiabile che al primo ascolto mi ha lasciato perplesso per la troppa semplicità ma poi, proprio per lo stesso motivo, mi ha definitivamente convinto. Come sempre nelle canzoni degli Spin Doctors, qui cova uno strisciante funk sotto un divertente sing-a-long apparentemente innocuo ma che si insinua sordido nel cervello. Si prosegue con il rock di "Rock'n'roll Heaven", diretto e senza fronzoli, essenziale e convincente, con un testo che omaggia i grandi nomi del rock del passato. Con "Gorilla" si cambia marcia, il fuzzoso riff di Schenkman sostiene un bel pezzo tirato con cambi di tempo goduriosi: sono questi gli Spin Doctors mai scontati e che ci ricordano che loro sanno suonare...d'altronde, poche rock band in circolazione possono vantare Aaron Comess alla batteria.
Il quintetto iniziale, vero punto di forza del disco, si conclude con "The Heart of the highway", un mid-tempo sorretto da un arpeggio di chitarra che cresce ascolto dopo ascolto, sino a diventare il brano più significativo dell'intero lavoro, una riflessione sentita della vita on the road del musicista, con la solita maestria di Chris Barron a cavalcare la metrica, con quel accento newyorkese che sembra pervadere ogni parola. Incredibile a dirsi, ma l'età ha donato agli Spin Doctors anche la profondità di scrivere canzoni più riflessive...e che canzoni!
Da qui in poi il disco scende leggermente di intensità, pur restando una prova convincente. "Double Parked" in particolare vive nel solco degli Spin Doctors classici, funk-rock e ritornelli, qui anche con un il solito assolo crazy, bello perchè spiazzante. "I liked you better when your butt was big" (sì, avete letto bene) è un interessante esperimento di fusione tra uno speaking molto alla Red Hot Chili Peppers ed bel mood alla Funkadelic, il cui risultato non è banale. C'è tempo anche per un paio di brani veloci, non particolarmente ispirati ma divertenti, quali "I'm the man (You got)" e "She stands alone", prima che il disco si concluda con la bella "When you got the turmoil in your mind", un altro momento riflessivo che convince con una bellissima melodia.
Se si valuta che If the river was whiskey era un disco interamente dedicato al blues, gli Spin Doctors mancavano come rock band da 20 anni e - va detto - questo Face full of cake è un rientro in grande stile, ispirato e come al solito ottimamente interpretato da una band che, nel 2025, non ha neanche lontanamente pensato di inserire loop o batterie elettroniche. Alla vecchia maniera insomma. E ci piace.
Highlight: Gorilla, Boombox, The heart of the highway, When you got the turmoil in your mind
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