Recensione / Kenny Wayne Shepherd Band - Dirt on my diamonds, vol.2

 

A distanza di meno di un anno dal precedente volume 1, ecco che torna Kenny Wayne Shepherd con i suoi sodali per proporci il preannunciato seguito del disco pubblicato nel 2023, e che puntualmente ho recensito (qui la recensione). In realtà questo secondo atto poco aggiunge al precedente capitolo: ecco dunque un rock/blues muscoloso ed a presa facile, con riff di chitarra di certo orecchiabili ma tutt'altro che trascendentali, con una sezione ritmica quadrata e senza grandi colpi di scena. 

Attenzione, la Kenny Wayne Shepherd Band non è un gruppo di sprovveduti, basti pensare al grande Chris Layton alla batteria (colui che ha prestato la sua arte a Stevie Ray Vaughan), a Kevin McCormick al basso (Robben Ford, John Mayall), a Joe Known alle tastiere (Carlos Santana) e, come da copione, alla voce profonda di Noah Hunt. E poi c'è lui, Kenny Wayne Shepherd, uno dei migliori chitarristi in circolazione, che proprio in questi giorni è il nome posto più in alto nel cartellone del tour dedicato ad Hendrix che sta girando gli States. 

E allora? Allora, così come per il precedessore, a Dirt on my diamonds vol. 2 mancano le canzoni e, se possibile, la prima parte del disco è anche più monotona del primo episodio. Se infatti almeno "I got a woman" è divertente nel suo incedere pop/rock, ce ne facciamo ben poco di brani come "My guitar is crying" oppure di "Long way down", che assomiglia terribilmente a certi episodi di Daughtry, e non vado oltre. Di "Never made it to Memphis", tanto per dire, ne abbiamo ascoltate decine e ormai non ha più senso. 

Nel finale però le nebbie si diradano e finalmente il buon Kenny ritrova lo spirito blues per darci tre episodi che - se non altro - lasciano qualche speranza per i prossimi dischi. "Watch you go" infatti è un bel blues, strascinato e sporco, che puzza terribilmente di Blues Brothers anche grazie alla sezione fiati che finalmente sono parte integrante della canzone e non restano da sottofondo ad enfatizzare i ritornelli. 

"Pressure", col suo funk, è ancora meglio e lascia intravedere quello che la KWS Band potrebbe fare se solo fosse più libera di contaminarsi, invece di restare inchiodata nelle secche di un finto blues che forse va bene per le radio americane ma non è degno della carriera di Shepherd. Anche la conclusiva "She love my automobile" è un blues urgente che fa smuovere il bacino come dovrebbe.

Per Dirt on my diamonds vol. 2 vale dunque quanto scritto per il volume precedente, inclusa la meraviglia di Kenny alla chitarra, che alla fine è l'unica attrazione per mettersi davanti alle casse ed ascoltare questa mezz'ora di musica. Ma è poco, di due dischi si poteva tranquillamente farne uno solo. 

Quindi, caro amico Kenny, torna al blues elettrico ed urgente con cui ci deliziavi 20 anni fa e lascia perdere questa formula troppo scontata, tanto le classifiche oggi non si scalano col rock/blues. Quindi...

Highlights: Pressure, Watch you go

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