Recensione/ Ghost Hounds - First Last Time

Nella ricerca senza sosta di novità nella cornice del rock americano, spesso le antenne sono rivolte a scovare band nel solco di Black Crowes e Counting Crows, a loro volta cresciuti con le radici del rock americano: un po' di southern rock, un po' di Bob Dylan, un po' di Grateful Dead, giusto per semplificare al massimo. 

Nel bel mezzo del mio girovagare mi sono imbattuto nei Ghost Hounds, sestetto proveniente da Pittsburgh (Pennsylvania) la cui proposta musicale risente in maniera importante del sound dei The Black Crowes. First Last Time in realtà è il quarto album di inediti della formazione, il che denota una certa caparbietà nel voler entrare nel cerchio del rock "che conta", considerando che i primi rumors sulla band sono arrivati solo nel 2022, quando hanno fatto da opening band in alcuni concerti del tour dei Rolling Stones. 

Ma di tutto ciò non sapevo assolutamente nulla sino a che non mi sono imbattuto in "Last train to nowhere", singolo apripista di First Last Time, probabilmente scelta poichè riassume in appena 3 minuti la proposta musicale di ragazzi della Steel City. Il brano ha un chiaro afflato country rock, anche se la presenza di due chitarristi con evidenti sferzate blues fanno virare la canzone in ambiente blues/rock. La voce di Trè Nation, potente anche se spesso un po' troppo monocorde, è comunque perfetta per il prodotto finale, che si avvicina molto ai Whiskey Myers, sia per la somiglianza timbrica tra i due cantanti, sia per l'equilibrio tra il rock sudista ed un certo aplomb country. Insomma, dopo aver ascoltato alcune volte "Last train to nowhere" non ho potuto fare a meno di addentrarmi in First Last Time.

Così come è avvenuto per il singolo, l'approccio all'album ha avuto due momenti distinti. Dapprima, una sensazione di deja vu non troppo esaltante, che mi stava facendo desistere dal continuare l'ascolto. Poi la riflessione che comunque scrittura, suono e performance fossero buoni mi ha indirizzato ad approfondire il lavoro. Va detto che - per ora - i Ghoust Hounds non hanno il talento cristallino e le canzoni dei Black Crowes, tantomeno la "botta" dei Whiskey Myers o la scrittura di Jason Isbell. Soprattutto, i GH fanno difficoltà a trovare un loro sound ed una scrittura caratteristica, il che porta l'ascoltatore attento a riconoscere sin da subito un certo tributo a band o generi musicali, senza sbattersi troppo nell'uscire dal seminato. 

Fatta questa riflessione, va detto che il disco è godibile, soprattutto se si intraprende l'ascolto con l'obiettivo di passare una mezz'ora senza grandi aspettative. Il southern fa capolino in "Dirty Angel" e nel blues/rock "Make it shake", che potrebbe benissimo uscire da un disco della Kenny Wayne Shepherd band, mentre è veramente troppo derivativa "Let's sleep on it together", che già dal titolo è un numero da Rolling Stones, come d'altronde "Love you too hard", la quale però gode di una maggiore verve.  Allo stesso modo, "Here no more" è un tipico country rock, come la veloce (ed anche un po' inutile) "Hot Dog". Alla fine la personalità del gruppo esce fuori nella dolce "First Last Time", forse il brano più particolare ed al contempo genuino, anche se al primo ascolto ho fatto difficoltà a non credere in una nuova traccia di Tracy Chapman. 

Questo disco mi fa tornare alla mente Southernality, l'esordio degli A Thousand Horses, che trovate recensito su bluspaper a questo link. Esattamente come i ragazzi di Nashville, le potenzialità ci sono, manca una scrittura più personale e forse un produttore navigato che li possa meglio consigliare. Da rivedere. 

Highlights: Firts Last Time


  

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