Recensione / Whiskey Myers - Tornillo

C'è un gruppo che, lentamente ma inesorabilmente, sta crescendo in popolarità, dopo aver creato una base solida di fans attraverso il passaparola ed estenuanti tour in lungo ed in largo per gli States. Questa band risponde al nome di Whiskey Myers, è attiva discograficamente dal 2008, anche se per scelta artistica il loro esordio (denominato Road of life) è stato fatto scomparire dalla circolazione. 

Gli Whiskey Myers del 2022 sono i primi detentori dell'eredità dei Lynyrd Skynyrd, un riconoscimento al quale sono giunti dopo tanta gavetta ed una crescita costante, di disco in disco. Il precedente lavoro infatti (qui la recensione ) era senza dubbio il miglio disco sfornato dai ragazzi texani, un mix di canzoni ben scritte e ottimamente suonate, con un piede nella tradizione ed un altro nel futuro del Southern Rock.

Con Tornillo i WM ripartono proprio dal southern rock. Registrato in quel di Tornillo, cittadina texana all'estremo confine sud con il Messico, ed interamente autoprodotto, il disco ci propone una band meno attenta al prodotto radiofonico - il precedente lavoro aveva un appeal decisamente più popolare - a favore di un suono dannatamente rock. Il fuoco alle polveri lo dà "John Wayne" che a partire dal suo basso pulsante esplode in un turbinio di assoli in un'atmosfera di arroventato funk-soul, con tanto di fiati. Segue una "Antioch" che parte ricordando la "Harlem Shuffle" degli Stones; anche qui, fiati in bella vista, così come un Hammond in prima linea e l'ottimo lavoro alle chitarre.

Già, le chitarre. Inutile recensire un disco dei Whiskey Myers senza lodare il gran lavoro della coppia Jeffers/Tate, ormai una certezza delle sei corde: assoli al rasoio sempre bagnati di hard blues eppure comunque moderni, sempre pronti ad uscire dal solito clichè. Provare per credere "The wolf", riff ispirato dagli ZZ Top per poi virare verso un rock più scuro e contemporaneo. 

Ci sarebbe poi da parlare di qualche influenza ben piantata nei '90 che non si era palesata nei dischi precedenti, ad esempio la chiara ispirazione Afghan Whigs in "The other side", oppure la ballatona "For the kids" (testo duro e diretto sulla crescita dei figli dopo la separazione) che ha il gusto di qualche band un po' patinata di ormai 30 anni fa.

Ovviamente, il rifugio nel blues è sempre presente e rassicurante e anzi in questo caso ancora più evidente, con qualche perdita di ispirazione, come in "Bad Medicine", ma è pur sempre la prova che i WM hanno lavorato a questo album senza preoccuparsi del mondo esterno, in totale libertà

Alla fine, un bel disco di una band in rampa di lancio che prova a dare un futuro al southern rock. Non consigliato, consigliatissimo. 



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