Marc Ford - Weary and wired

Lo sappiamo, l'industria discografia soffre di ipertrofia. Le pubblicazioni, da anni, si susseguono senza sosta, non lasciando respiro all'appassionato di districarsi all'interno della miriade di uscite. Capita così che nell'anno 2019 si vada a scoprire un ottimo disco dato alle stampe più di dieci anni fa, esattamente nel 2007. Weary and wired è la scoperta in oggetto, secondo disco solista del talentuoso Marc Ford. 

Se il nome non vi suona nuovo è perché il buon Ford negli anni ha prestato la sua maestria chitarristica a Black Crowes, Ben Harper e Ryan Bingham, tanto per dirne tre. Attualmente, Ford è tornato all'ovile suonando all'interno dei The Magpie Salute con Rich Robinson, ricreando la grande coppia chitarristica che infiammò dischi epocali dei Black Crowes come The Southern Armony and Musical Companion e Amorica, quest'ultimo a giudizio di chi scrive una pietra miliare del rock americano. 

Marc Ford è uno dei chitarristi più sottovalutati della sua generazione e Weary and Wired è utile soprattutto per capire cosa ci siamo persi rispetto al lavoro quasi da artigiano che Ford cesella in questo LP. Il disco è la summa delle passioni musicali del chitarrista californiano, tra rimandi diretti ai The Who - l'iniziale "Featherweight dreamland" - e l'epica di "Smoke Signals" che sembra provenire dalle registrazioni del miglior Neil Young, 8-minuti-8 di elettricità intensa, assoli lancinanti ed una ritmica basso/batteria potente per una canzone commuovente. 

In Weary and wired l'aria da anni Settanta è volutamente dichiarata, chiave di lettura indispensabile per comprendere il lavoro di chi con quella musica è cresciuto e non ha intenzione di allontanarsene. Quindi suona dannatamente rock "Dirty Girl", mentre il tributo ad Hendrix viene pagato attraverso "The otherside", melodica, blues e comunque tecnicamente indiscutibile come Jimi avrebbe voluto. 
La strumentale "Greazy Chicken" vira verso un jazz/blues muscoloso e spiazzante, mentre "Don't come around" suona più lineare rispetto al percorso discografico di Ford. 

Scoperto quasi casualmente ripercorrendo la discografia di un grande chitarrista  - chi scrive la pensa esattamente così - Weary and wired dimostra la grave malattia nella quale versano le etichette discografiche, incapaci di valorizzare lavori così intensi e (forse) anche incompetenti nel non comprendere un disco incredibilmente completo. 

Se questa recensione però vi avesse stuzzicato l'appetito.... 

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