Recensione / Counting Crows - Butter Miracle: The Complete Sweets

Per scrivere questa recensione mi sono munito di foglio Excel ed ho approntato un calcolo semplice ma esaustivo. I Counting Crows sono in giro, discograficamente parlando, dal 1993 e quindi da 32 anni. In questo arco di tempo hanno pubblicato 7 album di inediti. Se parliamo di canzoni, da quel giorno in cui Adam Duritz e soci hanno consegnato alle radio la famosissima "Mr. Jones", in totale hanno partorito 82 canzoni, calcolando anche 3 inediti sparsi, di cui 2 inseriti nel "Best of" e la stupenda "August and everything after" che è stata pubblicata e venduta in maniera quasi anonima ormai qualche anno fa. Vi risparmio il calcolo: la media è di 2,5 canzoni inedite scritte all'anno. 

Pensate che la media sia bassa? Sicuramente sì, ma peggiora ulteriormente se si restringe il campo agli ultimi 17 anni, quelli che includono Saturday Nights & Sunday Mornings, Somewhere Under Wonderland e l'uscita oggetto di questa recensione: la miseria di 29 canzoni in 17 anni.

Tutto questo per dire che se sei un fan dei Counting Crows, ogni uscita è un evento raro, che porta con sè la certezza che bisognerà farsi bastare quella manciata di ritornelli e strofe, quelle liriche accorate e quell'arrangiamento certosino per qualche anno. Con Butter Miracle: The Complete Sweets va anche peggio, perchè se già il parco canzoni è ridotto al minimo (appena 9), ben 4 di queste le abbiamo già ascoltate e recensite quando è uscito l'EP Butter Miracle Suite One, nel 2021. 

Vi invito a leggere la recensione che scrissi a seguito della pubblicazione dell'EP, (leggi qui) perchè le tracks dalla 6 alla 9 sono esattamente l'EP suddetto. Resta quindi da parlare dei restanti 5 brani che aprono il disco. Lo dico subito senza allungare il brodo: sono belli, e sono a quel livello cui i Counting Crows ci hanno abituato. Si apre con una jam blues, ovviamente con quella malinconia che ricopre con una patina leggera tutte le canzoni di Adam. Siamo dalle parti di "Los Angeles" (un pezzo straordinario, siamo d'accordo tutti credo): insomma, uno di quei brani in cui ti viene da piangere, non sai se per il mood, per il fatto che Adam sta parlando direttamente a te o se per quei cambi di accordi così semplici che ti viene da chiedere perchè le altre band in circolazione non riescono a copiare la ricetta, quando gli ingredienti sono tutti lì sul tavolo. 

Si procede con "Spaceman in Tulsa", meno enfatica, più pop, dalle parti di "Accidentaly in love", infatti è stata utilizzata come singolo. Non è epocale, però la portano a casa con la maestrìa solita e con il consueto pieno/vuoto che (almeno a me) fa impazzire. 

La traccia 3, "Boxcars", mi ha strappato la carne dalle ossa. Una batteria diretta prelude ad un riff anni '70, poi la canzone esplode in un rock che torna ai tempi di "Angels of the silences" (!) o di "1492", pieno zeppo di chitarre e con un ritornello killer, sublime, che francamente continuo ad ascoltare da 3 giorni senza riuscire ad andare avanti. Credo che questo sia il potere della musica.

Più scontata, e forse il pezzo debole del disco, è "Virginia through the rain", accorata ballad emotivamente non banale, ma Adam ha fatto di meglio, anche se non si può chiedere un'altra "A long december"e quindi alla fine si ha l'impressione che ci sono scrittori in giro che farebbero carte false per scrivere canzoni come questa. Dove invece si torna a respirare aria rarefatta è nella stupenda "Under the aurora", che faccio anche difficoltà a raccontare perchè contiene tanti di quei riferimenti (Beatles soprattutto) da far girare la testa. Un mid-tempo trionfale, melodia cristallina e coretti perfetti, che vi farà uscire il sole dall'anima. Da qui si riparte con la sequenza di Butter Miracle Suite One, di cui vi ho già rimandato alla recensione precedente. 

E' maggio, forse il mese più bello dell'anno, e solleva l'anima avere tra le mani 9 canzoni che fanno assaporare il gusto della musica artigianale, quella scritta in una stanza, arrangiata in una sala prove, registrata tutti insieme in uno studio e poi data al mondo. E quindi si accetta meglio il fatto che Adam probabilmente si siede davanti al pianoforte solo quando sente veramente l'ispirazione, ed ecco il motivo di tanta difficoltà a pubblicare nuove canzoni. 

In tempi bui, musicalmente e storicamente parlando, un disco che è necessario ascoltare: vi farà bene. 

Higlights: tutte

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