Volevamo essere gli U2 (capitolo nono)

Mancavano appena tre mesi agli esami di maturità. Il live a scuola ci aveva dato un'enorme spinta ed io stesso stavo iniziando a lavorare su qualche nuova idea. Da raccontare c'era molto, questo amore non corrisposto mi aveva fatto rinchiudere in me stesso. Ricordo nitidamente un sabato sera passato da solo in casa ad ascoltare dall'inizio alla fine - e senza sosta alcuna - The Joshua Tree degli U2. Ad un certo punto, sento suonare il campanello. Apro, ed ecco che entrano in casa il mio bassista C. ed un altro amico della nostra cerchia. Passammo tutta la notte a parlare di U2, di amori spezzati e di futuro...quel futuro che poi non è stato come ce lo aspettavamo. 

Tre mesi alla maturità vuol dire ultima gita di classe. La facemmo a Parigi, un'intera settimana all'ombra della Torre Eiffel, o più correttamente sarebbe più giusto dire "al freddo", visto che per tutti e sette i giorni un vento gelido sferzava i miei capelli, che adesso si erano allungati ed arrivavano sino alle spalle. Naturalmente avevo portato con me la fida chitarra acustica ed i lunghissimi viaggi in autobus di andata e ritorno erano diventati un canto continuo. Intonavamo di tutto, dai Pearl Jam ai Counting Crows per arrivare ai Soul Asylum, perchè "Runaway Train" in quel periodo andava forte e si ascoltava in ogni radio italiana. 

D'un tratto, uno dei miei amici di un'altra sezione mi chiese di suonare "Vivo". Rimasi un po' interdetto da quella richiesta, perchè ho sempre considerato quella canzone inferiore alle altre che avevo scritto. Evidentemente il concerto aveva lasciato degli strascichi positivi, e così mi misi a cantare e suonare "Vivo" in una versione acustica: divenne la colonna sonora della gita a Parigi. La cantavamo ma soprattutto la cantavano ovunque i nostri compagni di classe, e mi fece riflettere molto: le canzoni si incollano ad ognuno in maniera diversa e tu che le scrivi sei solo un messaggero cui non è dato sapere se avranno un futuro. Eppure io avrei dovuto sentirla mia, se non altro per il concetto che c'era dietro e cioè che la vita andava avanti e che c'era tutto un mondo da scoprire.

Tuttavia, in una delle tante chiacchierate di quei giorni feci presente ai miei amici che quella canzone non era così rock come io la volevo; fu così che uno di loro, che suonava anch'egli in una band, mi chiese di poterla suonare con il suo gruppo. Io feci ancora di più e gliela regalai: da quel Marzo del 1997 non ho più suonato "Vivo", che invece so che è stata interpretata spesso dal mio amico.

La canzone non era più mia, ma evidentemente il concetto che c'era dietro iniziava a fare effetto, perchè presi ad un uscire con una ragazza. Credo fu tutto frutto di quel concerto di Carnevale, perchè prima non non mi aveva mai parlato. Fu lei a prendere l'iniziativa ed anche a cercare di vincere la mia ritrosia. Sembrava una rinascita, condita da una primavera soleggiata e calda, con l'esame di maturità che incombeva e tante canzoni nella testa. Ma fu un periodo breve, perchè il mio cuore era da un'altra parte e mi trovai costretto a chiudere tutto. 

Nei giorni della maturità c'erano due cd fissi nel mio lettore: Vs. dei Pearl Jam e Recovering the satellites dei Counting Crows

(continua)

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