Recensione/ Brad - In the moment that you're born

In piena sbornia grunge, quando dovevi stare attento a risparmiare denaro perchè le uscite discografiche provenienti da Seattle erano continue e tutte imperdibili, da una costola dei Pearl Jam, e che costola trattandosi di Stone Gossard, chitarrista e fondatore della band di Eddie Vedder, nacque un gruppo da un nome singolare - Brad, appunto. Il disco di debutto, datato 1993 proprio in contemporanea con l'uscita dell'acclamato Vs. della famosa band di Seattle, suonava come anni luce distante dai prodotti dell'industria discografica usciti dalla Emerald City. I Brad infatti, quartetto che non ha in Gossard il leader bensì nel cantante Shawn Smith, hanno i propri riferimenti in Prince, in un certo soul-rock alla Marvin Gaye ed anche nell'approccio pianistico di Tori Amos, il tutto mescolato con un pò di indie rock e tanta libertà di viaggiare al di fuori dei soliti canoni. 

Sono passati esattamente 30 anni da quel debutto ed è il momento di recensire In the moment that you're born, sesto ed ultimo disco della band. Ed ultimo non è da riferirsi alla cronologia di pubblicazione degli album, bensì come commiato della band al proprio pubblico, alla luce della prematura scomparsa di Shawn Smith nella primavera del 2019, proprio mentre il gruppo era in studio per lavorare sul disco. 

Ne consegue che l'album può essere visto da diverse angolazioni e con differente approccio da parte dell'ascoltatore. Innanzitutto, quando Smith ha lasciato la vita terrena, il disco non era ancora concluso, pur essendo stati scritti quasi tutti i brani. La voce di Smith dunque in alcuni casi è quella delle prove in studio, pertanto imperfetta o ancora non a fuoco nel brano. Poi, per stessa ammissione dei tre membri sopravvissuti, in alcuni brani sono state aggiunte delle nuove parti. Insomma, In the moment that you're born va preso non come l'opera che Smith avrebbe voluto licenziare, ma come la visione del resto della band di un album portato a termine per omaggiare il ricordo dell'amico scomparso. 

Dopo il lungo preambolo è giunto il momento di dire che In the moment that you're born è un bel disco, che non lascia intravedere nessun artifizio o forzatura. La scrittura dei brani è anche superiore ad alcuni episodi precedenti, alcune idee sono nuove per i Brad e lasciano intuire ciò che avrebbe potuto essere, ma purtroppo non sarà. Ma è soprattutto un album di pathos ed emozione, a partire dai quasi 6 minuti della title-track posta in apertura, con la chitarra ipnotica di Gossard che accompagna un lento incedere gravoso, fino a che la bellissima voce di Shawn non entra in gioco, ma sembra filtrata, quasi affogata, e contribuisce a rendere più noir il brano. Mi vengono in mente i Cure, forse la cosa più lontana possibile dai Brad, ma così è. 

Si parte così in un saliscendi in cui ad un brano più cupo e lento fa seguito una ripresa rock, solo che i brani più intimi sono quelli che alzano la media del disco. Così è per "Straight to the hoop" o ancora meglio per la delicata filastrocca di "Meadow in autumn", che poco ha a che fare con la storia dei Brad (e non è un male).

Certo, come nei precedenti lavori, non mancano momenti in cui la melodia si stampa in testa facilmente, come nel pop rock di "Hey what's the problem now", con la chitarra distorta a nascondere una linea diretta che già conosciamo. Cosa che avviene anche con il ritornello di "I'm digging you", che potrebbe benissimo uscire da Shame. 

Certo, resta il dubbio di sapere cosa avrebbe fatto Smith con tutto questo materiale e se avrebbe licenziato un disco così, anche se non avremo mai risposta. Meglio allora commuoversi con la tenerezza finale di "Simple subtraction", in cui la voce tocca corde profonde e lascia un brivido insistente in chi ascolta. 

E allora dispiace che sia questa l'ultima canzone dei Brad, poichè questo materiale dimostra che erano arzilli ed in forma come non mai. Ciao Shawn.

Highlights:  "In the moment that you're born", "Meadow in autumn", "I'm digging you" e "Simple subtraction"

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