American Aquarium - Chicamacomico

 

C'è un prima ed un dopo nella storia degli American Aquarium. Il turning point è rappresentato da Things change del 2018 (qui la nostra recensione), disco nel quale il leader ed unico songwriter della band, BJ Barham, ha licenziato la band ed ha portato nella nave 5 nuovi musicisti. Da quel momento in poi, qualcosa nella band di Raleigh è cambiato e come sempre non è tutto bianco o nero. Da un lato, i nuovi arrivati hanno dimostrato di essere musicisti indubbiamente più raffinati dei predecessori, ed il suono ne ha risentito positivamente. Inoltre, il timone ormai è saldamente in mano a Barham, per cui certi elementi cantautorali escono fuori prepotentemente, ed il nostro sappiamo che con la penna ci sa fare. Si spiega così il successo, inatteso, di Lamentations (qui la recensione), un disco ottimamente scritto ed ancor meglio interpretato, con vette indiscutibili come la title-track, che ha rappresentato una svolta anche dal punto di vista delle vendite e della visibilità.

Come sempre però, nei cambiamenti si aggiunge qualcosa e si toglie altro. La nuova versione degli American Aquarium ha perso per strada quel suono ruspante e genuino che era la forza propulsiva di dischi memorabili come Burn.Flicker.Die, Small Town Hymns oppure Wolves. Ecco, in Chicamacomico c'è la scrittura letteraria e potente di BJ Barham, una band che sa centellinare i suoni in maniera professionale, tanto che il songwriter si ritrova un tappeto sonoro sopra il quale declamare i propri versi, ma viene meno l'istinto dei primi dischi che, seppur meno focalizzati di questi ultimi lavori, avevano il sapore genuino del rock americano. 

Insomma, non aspettatevi dagli American Aquarium di oggi canzoni come "I hope he breaks your heart" oppure lo scatenato rock'n'roll di "Katherine Belle": Chicamacomico si apre con la posata title-track, accompagnata dal tappeto di Hammond per poi proseguire con la vena country di "Little Things", godibilissima con quel pianoforte da saloon che fa tanto old America, con la voce di Barham piazzata al centro della band e gli altri ad accompagnare in punta di strumento. Come si diceva, è questo il leit motiv del disco, che poggia indiscutibilmente sui testi del leader, tra l'amore finito narrato in "Just close enough" ("Non avremo mai pensato che ci saremo persi/è come se stessimo parlando due lingue diverse/Vedo che le tue labbra si muovono/non sento una parola di quello che dici) e la ballad in agrodolce "Wildfire", in cui sono capaci di mescolare steel guitar e wha senza alcuna sovrapposizione.

Il rock arriva solamente alla fine, con la bella botta provocata da "All I needed", una road song con tutti i crismi, ritmo ben scandito, chitarre e melodia appiccicosa. Una volta sarebbe stato il livello dell'intero disco, ora sembra quasi un contentino per chi ancora ricerca gli up tempo che hanno reso celebre la band. Oggettivamente il pezzo eccede in radiofonia, anche se va riconosciuta una ricercatezza di suoni ed arrangiamento che sono nelle corde dei musicisti di cui BJ si è contorniato. 

Un'ultima menzione per  "The first year", la canzone cardine del disco e di certo la più toccante, se è vero che tutto Chicamacomico risente della morte della madre di Barham, qui trattata senza troppi giri di parole, mentre chitarra ed un piano leggero lasciano alla voce rotte dall'emozione di declamare un dolce poesia:

E' finalmente arrivato quel periodo dell'anno in cui i tuoi fiori preferiti iniziano a sbocciare

E le piogge di Aprile precipitano in quella sauna che chiamiamo Giugno

Ieri era il mio compleanno, il primo da quando te ne sei andata

Tutti i miei amici dicono che diventa più facile

E' chiaro che tutti i miei amici si sbagliano

Gli American Aquarium si stanno preparando al grande salto, un po' più vicini al country oggi di quanto non lo siano mai stati. E se è vero che il rock in questo disco è scomparso, la profondità dei testi è disarmante e vale il costo del disco. Lamentations però era superiore. 

Highlights: Little Things, The first year

 

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