Robert Jon & the Wreck - Last light on the highway

Orange County dal punto di vista musicale si accosta con difficoltà al classic rock americano, quello influenzato dal country e dal blues. Dalla contea di Orange, che comprende città come Anaheim o Irvine e che da Los Angeles porta a sud verso San Diego, sono partiti ad esempio i No Doubt con il loro ska/pop, oppure il rock da classifica degli Young the Giant. I Robert Jon & the Wreck provengono proprio da Orange County, ma la loro attitudine li vorrebbe localizzati più verso Nashville, sia dal punto di vista musicale che da quello estetico, camicie a quadri e barbe importanti. 

Tralasciati questi aspetti, negli ultimi tempi il loro Last light on the highway ha girato molto nei miei devices. Ad un primo impatto, Jon ed il suo ensemble suonano molto come i loro contemporanei A Thousand Horses, tanto che una canzone come "Tired of drinking alone" potrebbe benissimo essere uscita da Southernality. Ma mentre questi ultimi hanno sempre un'attenzione esagerata per i ritornelli da stadio, i Robert Jon & the Wreck sono più muscolari dal punto di vista musicale e, soprattutto, sembrano avere un passo in più dal punto di vista strumentale. Intanto, un riflettore va accesso sulla figura di lead guitarist ricoperta da Henry James, veramente un ottimo chitarrista che rientra nella tradizione del rock/blues, crea riff interessanti ed ottimi assoli. E poi, chiaramente, il leader Robert Jon, che ha una voce perfetta per il genere soprattutto quando scrive ed interpreta mid-tempo come "This time around", in cui si tende a toccare il rock/soul dei Black Crowes, ovviamente con le dovute distante. 

Se infatti la prima parte del disco, eccezion fatta per l'opener "Oh Miss Carolina" che è un godibilissimo country-rock suonato veramente bene e con un ritornello killer, è un po' troppo appiattita verso una formula che abbiamo già sentito da altre band (anche i Wild Feathers, per dire), da "This time around" parte un altro disco, con una marcia in più. Il piano Fender che conduce le danze in "One last time" si apre verso un crescendo inesorabile, con un'esplosione finale degna di nota. Si arriva poi alla canzone più bella del disco, la lenta e struggente "Gold", racconto accorato di una storia d'amore finita e delle paranoie successive, cantata con un tale pathos che, anche se non avete un cuore, ve lo farà battere comunque: una delle canzoni più belle ascoltate in quest'ultimo anno. 

Si chiude alla grande con le due parti della title-track, un altro pezzo di bravura, quasi un'opera rock con chitarre a doppiare gli archi, molto dalle parti di "November Rain", anche se qui il tema è la solitudine del musicista, il vagare di città in città, il non arrendersi mai. A me ha ricordato anche i Jethro Tull.

Di questa band sentiremo parlare. 

Highlights Oh Miss Carolina, Gold, Last light on the highway pt.1 e pt. 2 



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