Recensione - Eddie Vedder - Earthling

Il caso di Eddie Vedder è curioso in quanto l'acclamato singer di una delle band più iconiche della musica dopo aver dato alle stampe due dischi solisti distanti anni luce dal lavoro con la band di origine, nell'Annus Domini 2022 pubblica un disco rock in cui qualche episodio ha echi naturali dei Pearl Jam. E tutto questo lo fa con una band ben definita, composta non da turnisti ma da musicisti affermati provenienti da band altrettanto affermate che pescano nel genere dei 5 dei Seattle. Da fan mi sto preoccupando, non tanto per la bontà o meno di Earthling, quanto per il futuro dei PJ. L'ascolto del disco causa un passaggio dallo stato di curiosità a quello di stanchezza, per lasciare infine un senso di perplessità. Andiamo per gradi.  

In apertura al disco Vedder piazza "Invincible" (titolo smaccatamente Pearl Jam), che in realtà è un buon pezzo a metà strada tra l'anthem acustico di "Hard Sun" combinato con echi di world music. La voce è sempre stupenda ed anzi ritorna a lavorare anche su registri alti, ed è sempre un piacere. E' un buon brano, epico ma fuori dagli schemi, solo che dura troppo, quasi 5 minuti che avrebbero tranquillamente potuto essere 3. Purtroppo la seguente "Power of right" è confusionaria e mostra i muscoli in maniera inutile, tra un riff di matrice post-punk ed un suono di chitarra urticante. E il problema di "Power of right" purtroppo permea gran parte dei brani più hard del disco, con "Good and evil" che se non altro è più a fuoco e fortunatamente non la tira troppo per le lunghe, mentre addirittura peggio va con "Try", in cui il povero Stevie Wonder si presta a suonare l'armonica su una base inutilmente punk; il risultato sembra essere una canzone dei Blues Traveler al doppio della velocità e senza alcuna ispirazione. Perchè?

Va meglio con "Rose of Jericho", con un bel ritornello che apre un nuovo scenario dopo una strofa un po' troppo statica. Se un pezzo del genere Eddie l'avesse proposto a Stone Gossard - per dire - probabilmente nella versione Pearl Jam avrebbe spiccato il volo. La stessa impressione mi ha lasciato "Brother the cloud", già uscita come singolo, che nel combinare pathos ed elettricità funziona bene ed anzi regala anche emozioni; per questa vale lo stesso discorso fatto per "Rose of Jericho", perchè questa è una composizione che i Pearl Jam avrebbero sublimato. Cosa ne pensano Gossard, Ament e McCready?

Mi rendo conto che sino a qui la prova sembra deludente. Non è del tutto così, perchè - guarda caso - i brani migliori sono quelli in cui si ritrovano le coordinate consigliate per un disco solista di un artista che ha costruito la carriera ed il successo all'interno di una band. Così l'intima ballata "The haves" è una bella nenia con la quale cullarsi, mentre la verve acustica di "Fallout today" scorre piacevolmente (tralasciando l'assolo di chitarra con un suono orrendo e ultra processato). Ed anche l'omaggio ai Beatles di "Mrs. Mills" alla fine non è niente male, soprattutto perché alla batteria si piazza il baronetto Ringo Starr e quel drumming è sempre un tonfo al cuore; e - mi si consenta - molto più convincente della prova muscolare ma niente più di Chad Smith. 

Prima di concludere, vorrei parlare di due brani: "Long way" e "The Dark", palesemente ispirate a Tom Petty e Bruce Springsteen. La prima mi è piaciuta sin dal primo ascolto, esplicita nel suo essere pettyana ma comunque ben costruita e con un'emotività crescente. "The dark" invece non la capisco, perchè se è vero che il Boss con quei tre-accordi-tre ci è entrato nella leggenda, è anche vero che quei tre accordi vanno arrangiati e "trattati" con attenzione e soprattutto vanno lavorati con una band che sopra sa costruire stratificando e lavorando di fino. Qui invece Watt oltre alla solita chitarra inascoltabile prosegue con il motto "più è meglio" contribuendo ad aumentare il chaos in un brano in cui la melodia (di per se buona) andava evidenziata, non affogata. 

Credo di aver inserito già abbastanza ragionamenti e domande nella recensione per evitare per forza un commento finale. Forse Earthling è solo il frutto del tedio di un artista che - costretto allo stop a causa della pandemia - ha radunato con sè qualche amico e per passare il tempo ha registrato un disco. Se così non fosse, sarebbe un problema.   



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