Recensione/ John Mayer - Sob Rock

Senza alcuna ombra di dubbio, John Mayer ha rappresentato per il nuovo millennio quella figura di guitar hero che mancava da troppo tempo. E' vero, non si possono dimenticare Joe Bonamassa o Eric Gales, tantomeno si può far finta che numerosi mostri sacri non siano ancora in giro e pure ottima forma (si pensi a Clapton, ad esempio), ma il Mayer sul palco con il favoloso trio insieme a Steve Jordan (batteria) e Pino Palladino (basso) ha rappresentato un'esperienza unica negli ultimi venti anni di musica, tanto che l'istantanea di quel tour scattata nel meraviglioso Try! John Mayer Trio live in concert prosegue idealmente il discorso intrapreso tanto (troppo) tempo fa da Hendrix, Vaughan e Clapton, tanto per dirne tre.

A fianco dell'etichetta di guitar hero, negli anni abbiamo anche apprezzato il Mayer songwriter, in dischi come Continuum, forse il suo apice, Room for square ed anche Battle Studies, uno dei miei preferiti. Un artista dunque a tutto tondo, che in questo 2021 è tornato con Sob Rock, nuova fatica discografica che colma un gap durato 4 anni, facendo seguito al non clamoroso The Search for everything

Se da questa premessa non sfugge l'eclettismo di Mayer, preparatevi per un nuovo colpo di scena perchè Sob Rock è un'immersione totale nel rock anni Ottanta, tanto da sfiorare più volte (volutamente) il plagio. D'altronde, il singolo nonchè apripista dell'album "Last Train Home" suona dannatamente come qualcosa di già sentito, esattamente a metà tra i Toto ed i Genesis più pop. Io stesso, sbalordito da tanto gusto retrò, mi sono trovato a chiedermi se non fosse una cover. Non lo è, ma non fa tanta differenza, perchè è chiaro che Mayer sta giocando al confine tra finzione e realtà. E' indubbiamente un pezzo godibile come sottofondo per un pranzo da comunione, però...

Però il mood del disco è esattamente lo stesso del singolo, con "Why you no love me" dalle parti del Collins smelenso (ma l'intuizione melodica non c'è), mentre "New light" è fortunatamente più ritmata, e con quel suono di tastiere spezza la piega monotona del disco. 

Ovviamente, trattandosi di un fuoriclasse come Mayer, le canzoni convincenti non mancano, come "I guess I just feel like" in cui è soprattutto la vena chitarristica ed elevare il brano, oppure "Carry me away" in cui la provocazione eighties è meno ridondante e si può anche intuire una voglia di evasione in un pop ricercato che non dispiace. 

Certo, i paragoni chitarristici sono sempre alti, perchè il vero talento di Mayer risiede nella maestria con la sei corde, ed è chiaro risentire nel disco le influenze del Clapton più pop oppure di Knopfler, ad esempio nell'appassionato assolo di "Wild blue", da ascoltare solo per cotanta interpretazione. 

Probabilmente Sob Rock è un gioco volto a mescolare le carte sul tavolo, per un artista che dimostra di sapersi destreggiare ottimamente tra i generi e le mode. Solo che si rivolge a chi è nostalgico di un suono e di una idea di canzone che è molto lontana dal mio feeling. 

Non un passo falso, più un passaggio inutile, nonostante riascoltare certe atmosfere riporti indietro nel tempo, quando certe canzoni uscivano dalle casse dello stereo dell'auto ed i nostri genitori guidavano verso il mare.
√ John Mayer - SOB ROCK - la recensione di Rockol.it

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