Da solo, in una stanza

Parziale o totale che sia, è chiaro che stiamo andando verso un nuovo lockdown. Approfittando dunque di questo periodo di traghettamento, la settimana scorsa ho affittato una sala prove tutta per me. Mi sono portato la pedaliera, la chitarra ed il tablet ed ho collegato quest'ultimo all'impianto audio della stanza. Su Spotify mi sono creato una playlist per l'occasione, poi l'ho scaricata in download, perchè non avevo possibilità di usufruire di una wi-fi decente. 

Sono le ore 21:30 di un venerdì di Ottobre. Sono io in mezzo ad una stanza abbastanza capiente. Ai miei piedi la pedaliera, davanti a me l'amplificatore, alle mie spalle un impianto audio ed un mixer da 24 canali. Ho abbassato leggermente le luci della stanza, ho premuto play sul lettore e sono andato. 

Clapton "Got to get better in a little while" e "Layla", passando per il Mike McCready di "Yellow Ledbetter" (Pearl Jam), il John Mayer in trio di "Good love is on the way" e poi da solo in "Slow dancing in a burning room". Ed ancora la rivisitazione pop/blues di "Don't let me be misundertood" da parte di Robben Ford e la perla di Marc Ford (Black Crowes) "Other side", Kenny Wayne Shepherd con "Woman like you" e la trascinante "Somehow, somewhere, someway".  Una di seguito all'altra, senza sosta. 

Mentre suonavo, sentivo il sangue ricominciare a fluire nelle mie vene, togliendomi di dosso lo stress del lavoro e la tensione di questo 2020 da incubo. La mia Fender Stratocaster respirava, facendomi accarezzare da una brezza di suono. Per godere ancora di più, utilizzo quasi sempre il pick up al manico, lo preferisco perchè dona un suono più ovattato e soprattutto mi sembra molto più sensibile ai passaggi in velocità, soprattutto nelle note basse. 

Finito il primo round, abbasso leggermente il volume dell'amplificatore, in modo da essere più dentro il mix. Ormai mi sono scaldato, posso azzardare qualche passaggio al limite e soprattutto voglio provare a suonare "fuori scala", un po' alla Robben Ford, per uscire fuori dal solito clichè. 

Premo ancora play, stessa sequenza, stesse canzoni. "Layla" la trovo sempre ostica se suonata senza la dovuta concentrazione ed in questa versione dal vivo (Live in San Diego) il solo di Clapton è molto lungo ed è difficile trovare il giusto mood per quasi un minuto. Più blues - e quindi più in sintonia con il mio modo di suonare - "Got to get better in a little while" si presta ad una interpretazione più libera. Meraviglioso il suono della chitarra bagnato dal Fullton Deja Vibe. Lo provo anche su "Yellow Ledbetter", un brano da brividi che necessita di un suono clean comunque bello pompato, ed effettivamente mi piace molto. Su "Slow dancing in a burning room" a metà assolo mi commuovo. L'ultima volta credo sia accaduto molto tempo fa, quando ancora abitavo a casa dei miei genitori e, accanto al garage, mi ero costruito una stanza della musica. Sia chiaro, mi emoziono spesso mentre suono, quando ciò non avverrà più sarà il caso di smettere di suonare, perchè la musica deve entrare dentro il corpo e scuoterlo da profondo. 

Ma so riconoscere le mie reazioni, e questa è figlia di tante cose: i mesi di lockdown, la paura con la quale si convive ormai senza sosta, il peso della responsabilità al lavoro, i figli e la complessità di avere una famiglia oggi, i genitori lontani ed anche gli amici veri. La chitarra mi mette a nudo da sempre, non puoi mentirle e non puoi nasconderti. Sento una marea di pulsazioni che mi avvolgono ed anche felicità. Tanta felicità, per essere lì in quel momento, per suonare le canzoni che adoro e per essere libero di camminare con le dita sulla tastiera. 

Inutile concludere il secondo giro, sono le undici ormai. Ripongo la chitarra nella custodia e mi guardo intorno. Calma. Spengo Spotify e tutta la strumentazione. Mi infilo la giacca pesante (serate umide autunnali), prendo la chitarra e chiudo la porta. Entro in auto. Sono svuotato, ma è questa la sensazione che voglio provare, essere stanco ed aver tirato fuori da me tutto, aver scavato in profondità e cercare di comunicare attraverso le note. 

Da solo, in una stanza


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