C'è qualcosa di terribilmente triste ed al contempo emozionante nella scrittura di Isbell. Se Southeastern lo ha messo a nudo, chitarra e voce, nella sua essenzialità, i dischi a nome anche della sua backing band 400 Unit si inseriscono in un filone che sembra essere un mondo a parte. E' vero, c'è il rock sudista - e come potrebbe mancare - e c'è la vena cantautorale del ragazzo dell'Alabama. Però in Reunions c'è finalmente qualcosa in più, un marchio di fabbrica che in pochi hanno, l'unione del rock più viscerale e delle chitarre con il violino di Amanda Shires, la batteria che ricorda alla banda che è pur sempre rock'n'roll, la chitarra un po' Tom Petty di Sadler Vaden (uno che in bluespaper è molto considerato). E poi la voce di Isbell, che è uno vero, uno che anche se non lo conosci ti sembra di averlo incontrato in qualche bar e forse in qualche canzone sta anche parlando di te.
Reunions è il disco che molte band non hanno mai partorito, non perchè incapaci o senza talento, semmai perchè a trasformare un buon album in un'ottima prova servono degli elementi che esplodono tutti insieme solo per fortuna o per semplice caso: canzoni giuste per il periodo giusto. Ascoltate "Dreamsicle" e tutto sarà più chiaro. E' vero, un giro di accordi semplice, il bel controcanto di Amanda a doppiare Isbell nel chorus: quante volte abbiamo già assaggiato questo piatto? Molte, eppure il gusto stavolta è più intenso, forse per i contrappunti di pianoforte, forse la slide che appare e scompare nel nulla. Oppure - più verosimilmente - è la scrittura del buon Jason che marca una distanza importante tra se e gli altri.
"Running with our eyes closed" parte con una batteria che riecheggia il Jack Irons del periodo Pearl Jam per poi trasformarsi in un pezzo alla Ryan Adams. Stavolta c'è anche il brano innodico, quello da cantare a squarciagola e tocca a "Be afraid" aggiudicarsi il titolo da scala-classifiche (e scomodare gli U2 stavolta non sembra un'eresia). Il Jason Isbell più classico fa capolino nella nervosa "It gets easier", che illude di essere una ballad chitarra e voce per trasformarsi in un tripudio di chitarre (e l'assolo non è banale).
Prodotto ancora una volta dall'acclamato Dave Cobb, Reunions riesce laddove il precedente The Nashville Sound aveva deluso: suonare compatto ed allo stesso tempo etereo, quasi che stavolta Isbell sia riuscito a fare con una rock band ciò che gli era meravigliosamente riuscito da solo con Southeastern.
Ed ora lui ed i suoi 400 Unit entrano di diritto tra i grandi nomi del rock contemporaneo.
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