Albert Cummings - Believe

Albert Cummings giunge alla notorietà in età ormai avanzata. Il chitarrista di Williamstown, Massachussets ha 52 anni di età e se si escludono i dischi pubblicati da esordiente all'inizio degli anni 2000, passati di fatto inosservati, si può ben dire che il successo sia arrivato solo adesso. Se da un lato l'approdo al grande pubblico è meritato, in quanto la dedizione alla causa del blues ed una certa maestria chitarrista non passano di certo inosservate, questo Believe si dimostra però un disco non eclatante ed anche, a conti fatti, anonimo. 

Se le credenziali infatti inducevano ad una fibrillante attesa, grazie alla produzione di Jim Gaines (già con George Thorogood, Blues Traveler ed Eric Johnson) e soprattutto per aver registrato interamente nei mitici FAME Studios di Muscle Shoals, il risultato è un lavoro scialbo, che nulla aggiunge e nulla toglie alla storia del rock-blues contemporaneo ed a quella dei chitarrismo infuocato. In realtà, Cummings vorrebbe ammiccare al mercato degli orfani di Stevie Ray Vaughan ed ai proseliti dei vari Kenny Wayne Shepherd e Jonni Lang - per dirne due. Di Vaughan certamente se ne riconosce la passione e la derivazione, ma nulla più ed anzi risulta quasi una bestemmia l'accostamento tra i due. Per quanto riguarda i suoi contemporanei - molto più giovani, questo va detto - Cummings perde il confronto in quanto ad energia, nonchè delude per una performance vocale scontata e mai graffiante, della serie "se la voce non ce l'hai in partenza come corredo genetico...".  

In questo quadro inoltre si inserisce una scaletta discutibile, con cover di cui francamente abbiamo già le orecchie sature: si potrà mai proporre nel 2020 una versione eclatante di "Hold on" di Sam&Dave o "Red Rooster"? La risposta è no e non va meglio quando riprende la grande "Crazy Love" di Sua Maestà Van Morrison. Insomma, anche nella scelta dei brani Cummings rischia grosso e ne esce, suo malgrado, con le ossa rotta.

Ovviamente non tutto è da buttare. Gli afflati sudisti di "Do what mama says" sono divertenti e la sua interpretazione chitarrista, seppur non faccia gridare al miracolo, è comunque figlia di uno che la chitarra la sa suonare. 

Certo, non possono bastare un produttore esperto ed uno studio di registrazione che ha fatto la storia della musica per garantire un buon disco. Anzi, l'impressione è che viaggiare ad altezze troppo elevate abbia costretto il buon Albert ad alzare troppo l'asticella, cercando il confronto con chi è irraggiungibile. Maggiore umiltà non avrebbe guastato. 

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