The Magpie Salute - High Water II

Il sedici agosto dello scorso anno recensivo High Water I, prima fatica con brani inediti della premiata ditta The Magpie Salute. Se non volete andare a riprendere quella recensione - nel tag comunque potete risalirci velocemente - la storia è riassumibile velocemente. I Magpie Salute infatti altro non sono che una costola importante dei Black Crowes del periodo aureo (quello di Amorica per intenderci) con l'aggiunta di Joe Magistro alla batteria, Matt Slocum alle tastiere e soprattutto John Hogg alla voce. Dall'altra parte, dei membri storici dei "corvi neri" in formazione sono presenti i due chitarristi Rich Robinson e Marc Ford ed il bassista Sven Pipien. Il pedigree dei tre superstiti dei Crowes è di tutto rispetto, così come il talento. Manca però alla formazione l'ugola d'oro di Chris Robinson, una nota non a margine che influenza gran parte di questa recensione.

Con High Water I i Magpies avevano debuttato con un repertorio completamente frutto della propria penna. Sicuramente acerbo, quel disco aveva comunque il pregio di aver permesso a tanti fan di un certo sound di tornare a respirare. Perchè - siamo sinceri -  il pensionamento precoce dei Black Crowes ha lasciato un vuoto mai colmato. High Water II è materiale che esce dalle medesime sessions del predecessore, ed il titolo lo comunica immediatamente. 

Com'era lecito attendersi, il sestetto ha fatto un passo avanti. Il disco suona più coeso, le idee più focalizzate, il suono più granitico. Di gran classe l'apripista "Sooner or later", graffiante nelle chitarre con suoni curatissimi, un inizio stiloso e promettente. Nel solco di un certo rock/soul anche "Gimme something", anche se il riff iniziale di pianoforte suona come qualcosa di già sentito. "In here", il primo singolo, è di gran lunga la migliore canzone dei Magpie Salute sinora conosciuti, un compendio di come dovrebbe suonare il rock americano con un'inattesa - ma graditissima - sezione fiati a fare da contrappunto nel ritornello: finalmente! 

Così come era accaduto per il numero 1, anche in questa seconda versione di High Water a metà disco si cambia registro. Ecco dunque spuntare le chitarre acustiche nella malinconica "Lost Boy" cantata da Marc Ford, un brano convincente penalizzato palesemente dalla voce di un chitarrista che non può essere un cantante. Era accaduto anche nel primo episodio, e la domanda sorge spontanea: "Perchè?". Già, perchè John Hogg non è dietro il microfono in tutte le canzoni? La risposta - chissà poi se è quella corretta - è che l'anello debole dalla band sta proprio in Hogg, possessore sicuramente di una voce black gradevole, che però non riesce a bucare le casse dello stereo. Accade ad esempio in "Leave it all behind", con gli strumenti che soffocano il cantato, mentre in "Life is a landslide" l'impressione è che si sarebbe potuto dare molto di più. 

Ed allora è vero, manca Chris Robinson ed il confronto con il fratello bizzoso di Rich annichilirebbe qualsiasi pretendente. Ma è veramente l'unico neo di una band che cresce, convince e stavolta sembra aver trovato la sua strada. 

Questo High Water II, in aggiunta all'ultima uscita degli Whiskey Myers da buone speranze per il futuro, attraverso due dischi che affondano nel rock americano finalmente con una scrittura all'altezza. 

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