Sanremo è finito. Il rock italiano ha ancora fallito

Ho seguito Sanremo con particolare attenzione questo anno. Le motivazioni risiedono soprattutto nella voglia di comprendere quale sia lo stato della musica italiana considerato che il Direttore Artistico della rassegna, come l'anno scorso, è un certo Claudio Baglioni. Insomma, sana curiosità per capire dove l'importante timoniere ha scelto di pescare in questo mare magnum.

Ve lo scrivo subito: non mi piace il podio. Questo rispettando in toto tutte le decisioni di tutte le giurie messe in gioco. Tra i tre però che si sono contesi la vittoria, trovo giusta la vittoria di Mahmood. Pollice verso per i noiosi (ed anacronistici, soprattutto per la loro età) Il Volo, niente di particolare da segnalare da parte di Ultimo, un ragazzo sulla cresta dell'onda che, assumendo certi comportamenti, forse si crede di essere arrivato.

Ma non voglio scrivere un post su questi artisti, perchè non rappresentano nè le mie preferenze musicali, nè il genere di cui si tratta in questo blog. Qui su bluespaper scrivo di rock, prevalentemente americano e figurarsi se voglio disquisire di trap, hip-hop, Il Volo od Ultimo. Desidero invece dire la mia sulle tre band che erano ufficialmente in concorso: i Negrita, gli Ex-Otago e The Zen Circus. Tre realtà molto diverse, tre storie lontane tra loro, ma di certo tre proposte più affini alla mia sensibilità.

I Negrita, non voglio farne mistero, li seguo dalla mia adolescenza. Eh si, se volete la mia versione, da quell'esordio così dannatamente rock/blues sono entrati in un lento (ed inarrestabile) declino. Non fanno eccezione con questa proposta sanremese, molto "verbosa" nel testo, poco graffiante in generale. La barca Negrita è di certo la più mainstream delle tre band che sono salite sul palco e lo hanno dimostrato anche con "pose" da rocker navigati sul palco, forse sbagliando atteggiamento quando stai portando una canzone piatta, che di atteggiamenti da rocker non ha proprio nulla.

Gli Ex-Otago mi hanno dato l'impressione dello studente che ha svolto il compitino. Qualche problema di intonazione, qualche idea melodica non proprio originale (ma se dico "Daisy" di Daniele Groff vi viene in mente qualcosa?), di certo un pop caldo di chiara ispirazione anglosassone ma nulla più.

Dei tre, di certo mi hanno maggiormente convinto i The Zen Circus, con un brano diretto, anche lui "verboso" ma pieno di contenuti. Se c'è stato del rock nel festival, questo lo hanno portato loro.

Se però tiriamo le somme di quanto visto ed ascoltato, nessuno dei tre ha raccontato qualcosa in più, nessuno ha avuto l'intuizione melodica, nessuno il riff interessante, nessuno ha presentato una "alternativa"reale alle altre proposte. Ma soprattutto, nessuno attira il pubblico votante e, sembrerebbe per la prima volta, quello giovanile che si è messo a seguire il Festival.

Ed ecco dunque che, con sommo dispiacere, bisogna dire che il vincitore, così come Daniele Silvestri ad esempio, hanno saputo accogliere consensi perchè parlano di problemi, di società: parlano alla pancia delle persone, arrivano. Quando Ultimo non si capacita della vittoria di Mahmood gli andrebbe spiegato che da una parte c'è la "canzonetta amorosa", dall'altra c'è la narrazione delle periferie scritta da un italoegiziano che quelle periferie le vive. Scrivere "tradire è una pallottola nel petto" ci racconta molto di più di un "è da tempo che non sento più la tua voce al mattino che grida bu", rispettabile, per carità, ma anche noioso dopo sessantanove edizioni di festival.

Proprio in questo sta la sconfitta del rock italiano, nel non saper più raccontare storie. Ne I ragazzi stanno bene dei Negrita non si sa dove si vuole andare a parare e la sensazione è che sia dia un contentino a tutti, perchè è inevitabile che il rock ha dismesso la sua funzione quando perde il gusto di raccontare.

Sia chiaro, a mio avviso il rock ha due strade: raccontare il mondo con gli occhi di chi quel mondo lo vuole combattere, denunciare o gli vuole gridare contro, oppure raccontare una storia, creare quei romanzi musicali ai quali grandi nomi (anche italiani) ci hanno abituato. Se non fa ciò, vince qualcos'altro. Che non mi piace, però non solo esiste, ma per ora risulta più credibile.  

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