Conor Oberst - Salutations

Se amate la musica che proviene dagli Stati Uniti, allora Conor Oberst non è uno sconosciuto. Anzi, per molti di noi è ancora una promessa, una stella che deve trovare la propria strada. Ebbene, dopo numerosi dischi sotto il nome di Bright Eyes e qualche deludente album a proprio nome, stavolta il caro Oberst tira fuori il capolavoro, l'opera dalla quale mettere il punto e ricominciare.

Andiamo per ordine. Inverno 2016, Conor di ritorno da uno degli infiniti tour negli Stati Uniti si ritira nella sua Omaha (Nebraska, forse il luogo più sperduto ed onestamente americano del paese a stelle e strisce) per riposare davanti al caminetto di uno degli infiniti inverni del Midwest. Il suo ultimo disco non è stato ben accolto nè dalla critica nè tantomeno dal pubblico, ma il programma prevede solo riposo e qualche capatina al pub con gli amici (ma ne avrà?).
Invece Conor viene assalito dall'ispirazione: una canzone per ogni notte passata in piedi. Così dopo averne radunate una decina entra nello studio di un amico di Omaha (ovviamente) e se ne esce con la prima copia di Ruminations, un set di canzoni acustiche per piano e voce dal tono dimesso ma non per forza cupo e, soprattutto, dannatamente belle.

A distanza di qualche mese il buon Oberst si riprende quei pezzi, ne scrive degli altri ed entra in studio con una band d'eccezione, Jim Keltner alla batteria ed i Felice Brothers al completo (tanto per dire...). Il risultato, Salutations, è sorprendente, di una bellezza talmente pura da fare male. Potremmo chiamarlo il folk definitivo dei nostri tempi, ma il miscuglio di suoni ed idee porta da talmente tante parti che si fa difficoltà a contarle. C'è, innanzitutto, un sapore di Dylan del periodo Rolling Thunder Review, una specie di tripudio di suoni acustici ed elettrici che si sovrappongono a formare un blocco unico, marmoreo. La scrittura dei brani rasenta la perfezione, la canzone sa sempre dove deve andare, quasi che l'ispirazione di Oberst sia arrivata nella sua interezza: quante volte ascoltiamo una buona intuizione cui non fa seguito uno svolgimento all'altezza? In Salutations non c'è possibilità di delusione e non c'è nemmeno routine, semmai c'è il talento che finalmente diventa compiuto.

Inutile dunque stare a descrivere brano per brano il disco, perchè ogni gemma va apprezzata per la propria luce anche se, incredibilmente, il quadro è talmente coerente da farle confondere, quasi un delitto. Convincente, commuovente, il ritorno di un predestinato.

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