A pagina 490,
a circa trenta dal termine del romanzo, si ha la netta
sensazione che un’esperienza indimenticabile stia per finire. Lo stato delle cose (anche se come
sempre il titolo originale The lay of the
land è molto più appropriato) è l’opera omnia del cosiddetto romanzo
psicologico.
A ben vedere, il tumore alla prostata contro cui Frank sta
combattendo (sembra di capire con risultati positivi) mano a mano che le pagine
scorrono diventa solo un pretesto, una lente leggermente più grande che serve
ad ingrandire gli episodi, un incidente di percorso che lo rende ancora più
vulnerabile. Di fondo, però, resta la sua introspezione, la facilità nel
leggere le situazioni più inattese della vita, con uno sguardo amaramente
ironico.
Naturalmente, la sua turbolenta storia, fatta di due
matrimoni conclusi alle spalle, un figlio morto, un altro che nella lontana
Kansas City sbarca il lunario scrivendo frasi su biglietti di auguri ed una
figlia dichiaratamente lesbica che sta cercando una relazione eterosessuale,
rende l’esistenza di questo agente immobiliare sempre sopra le righe,
combattuta tra una necessità di normalità ed una tendenza alla fuga. Da chi? Da
cosa?
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