Libri/ Nickolas Butler - Shotgun Lovesongs

Ci sono momenti in cui anche un grande appassionato di letteratura come me fa difficoltà. Sarà colpa della pandemia e della reclusione in casa, il tipico esempio di causa/effetto che produce la necessità di non stare troppo a riflettere, per la serie "meglio una commedia leggera in tv". In ogni caso, è stato un anno complesso quello iniziato drammaticamente nel Marzo del 2020 ed arrivato sino ad oggi, ed io ho avuto difficoltà a mantenere il mio standard di lettura.

Con Shotgun Lovesongs però le cose sono tornate al posto giusto. La prosa di Butler non rappresenta di certo la motivazione principale: nonostante risulti fluida e scorrevole, il suo lessico non è volutamente ricercato e comunque non siamo di fronte ad un nuovo Philip Roth. Credo che Shotgun Lovesongs mi abbia rapito in maniera così intensa perchè il suo argomento centrale, l'amicizia, in questo momento di lontananza dagli affetti è diventato per me un motivo di forte riflessione. 

Butler sin dalle prime pagine dimostra di aver in mano il colpo del ko: quattro amici di lunga data - Lee, Kip, Ronny ed Henry - che inevitabilmente nel passaggio verso la vita adulta prendono strade diverse. Il matrimonio di Kip però li costringe a tornare a Little Wing, la piccola (e nella realtà, frutto della fantasia dello scrittore) cittadina del Wisconsin dove sono cresciuti e che ha forgiato la loro amicizia. I quattro hanno personalità ed ambizioni diverse, tuttavia il nuovo incontro evidenzia, oltre alle diversità di carattere, che l'amicizia resta un collante difficile da rimuovere e che il richiamo del vecchio Wisconsin - seppur freddo, rurale e noioso  - è il cordone ombelicale che non sanno recidere. Come sostiene Lee infatti "Quando non ho nessun posto dove andare torno qui. Quando non ho niente, torno qui". 

Come sempre, i libri parlano all'orecchio di quel lettore che sa ascoltare. Qualcuno infatti potrebbe, forse anche a ragione, sostenere che questa trama sia perfetta per un movie anche un po' goliardico o da commedia all'italiana, in cui la nota malinconica di fondo si unisce ad una buona caratterizzazione dei personaggi. Non avrebbe torto: Lee, il musicista affermato, costantemente in tour in giro per il mondo, che sposa una starlette di New York; Kip, che ha fatto la fortuna a Chicago ed ora torna a Little Wing per sposarsi ed avviare una nuova e pretenziosa attività; Ronny, cowboy che a seguito di un rovinoso incidente diventa la mascotte un po' ritardata del gruppo; ed infine Henry, che è rimasto ancorato alla fattoria di Little Wing, sposando la fidanzata di una vita e con evidenti difficoltà a sbancare il lunario. 

E' vero, in assenza di una narrazione giusta sarebbero solo fenotipi stereotipati. Butler però non fa sconti a nessuno e dietro ogni singolo personaggio accende un'ombra. L'idea di lasciare ai protagonisti l'io narrante evidenzia le sfumature, un escamotage letterario riuscito perché si traduce in quella ormai vecchia ma attuale massima di Platone secondo il quale "ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla, sii gentile sempre". 

Va da sè che Butler sia talmente ben conscio che nella vita questo assioma non viene applicato con tale indulgenza, e quindi lascia al lettore l'onere (o l'onore) di comprendere il senso più etereo e profondo di quell'affermazione: nelle diverse sfaccettature delle intenzioni e delle paure resiste solo l'amicizia vera, quella che sa superare la singola contingenza per elevarsi a qualcosa di altro. 

Su quel "qualcosa di altro", lo ammetto, mi sono soffermato molto. I rapporti instauratesi a Little Wing sono imperfetti, quasi a confutare l'idea di una amicizia lunga e duratura. Ma allora, perchè l'impressione è quella di un sodalizio vero e sincero? Quella tra Lee, Henry, Kip e Ronny è un'amicizia claudicante, a volte contraddittoria e anche con troppe verità nascoste, ma il retrogusto è comunque quello di un sentimento indistricabile, in cui l'aver vissuto gli stessi luoghi, la stessa formazione, gli stessi tramonti e gli stessi problemi rappresenta comunque un'eredità troppo preziosa per essere sperperata. Ed è, questo, un concetto enormemente distante dall'amicizia messianica e cameratesca di Jack Kerouac in On the road, in cui il rito collettivo passa anche attraverso la condivisione di ogni istante, come se la trincea dell'amicizia fosse un limite valicabile solo ai pochi eletti che hanno dato prova di meritare. 

A contribuire alla riuscita del libro, la scenografia di un Wisconsin meraviglioso, tra estati caldissime e piovose ed inverni gelidi, con l'incedere lento e rassicurante del grande Mississippi a dividere il mondo tra la stanca nenia di Little Wing e l'affollata Minneapolis, così lontana ma così vicina. 

Un romanzo da leggere prima di ritornare alle piccole insoddisfazioni dell'amicizia, che evidentemente non è una prova ad ostacoli, ma l'insieme di più fattori che diventano indistricabili.  

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