Addio Eddie

Due sono i momenti centrali nello sviluppo della chitarra elettrica. Il primo è legato alla pubblicazione (era il 1967) di Are you experienced? di Jimi Hendrix, il secondo all'arrivo nei negozi di dischi dell'omonimo primo disco dei Van Halen, esattamente 11 anni dopo, il 10 Febbraio del 1978. Questi due episodi hanno rappresentato un terremoto nella storia della sei corde elettrica. 

Se Jimi ha aperto le porte alla stratificazione del suono all'interno di una cornice in cui la forma canzone è esaltata e non messa in secondo piano dal virtuosismo, Eddie Van Halen irrompe nella scena sbaragliando tutti i colleghi chitarristi attraverso l'utilizzo magistrale (parola più adatta non può esistere) di una serie di tecniche sino a quel momento pressochè sconosciute, tapping, pennata alternata ed utilizzo del ponte mobile su tutti. Sarà uno shock che, in soli 35 minuti di musica, rivoluzionerà per sempre il concetto di hard rock e, perchè no, anche di heavy metal, se è ormai assodato che un'intera di generazione di chitarristi si lascerà ispirare dall'ascolto di Van Halen per poi estremizzare alcuni aspetti tecnici e del suono.

Van Halen lascia un'eredità enorme, sotto molteplici aspetti, così come la consapevolezza che la sua figura sarà irripetibile sia per il contesto storico nel quale si è affermato - qualcuno direbbe il posto giusto nel momento giusto - sia per il suo essere  proiettato al futuro con un forte ancoraggio al passato. Solo così infatti si può leggere la sua devozione verso classici quali Led Zeppelin o Hendrix, e la scelta di inserire nella scaletta del primo iconico album brani come "Ice Cream Man" e "You really got me" dei The Kinks. 

Ogni discorso però sarebbe superfluo se non contestualizzato rispetto ad una personalità solare e mai autoreferenziale quale quella del musicista di origini olandesi. Eddie Van Halen filtra con la sua personale lente di ingrandimento diversi stili ed approcci, facendoli suoi e mescolandoli con le enormi innovazioni tecniche che introduce. Ne esce fuori un mix esplosivo, in cui la melodia si fonde con la funambolia delle 6 corde, basti pensare al pop rivisitato di "Panama" (una delle parti di chitarra più infuocate del menestrello Californiano), alla zeppeliana "Mean Street", alla fortunata rivisitazione di "Pretty Woman" o al romanticismo di "Why can't this be love", tutti brani che hanno che alle nostre orecchie suonano familiari, però...Ecco, quel però è il genio di Eddie, il suo modo unico di utilizzare le note ed esplorare tutte le possibilità della chitarra.

Insieme alla maestria tecnica infatti, Eddie si dimostrerà un autentico fuoriclasse anche nella costruzione del suono, che passerà alla storia come  Brown Sound. Le sue distorsioni infatti sono scure e piene di sustain, spesso bagnate da delay ribattuti sulle 2 casse in modalità stereo ma con due ritardi diversi, in modo da creare in chi ascolta un effetto circolare ed avvolgente. D'altronde, la prima volta che si presentò al mondo lo fece con una chitarra da lui assemblata - la famosa Frankenstrat - che univa i pregi di una Fender Stratocaster con la profondità dei pick up Gibson, con in più un ponte mobile di tipo Floyd Rose, un "mostro" con il quale poteva permettersi tutto. 

Il successo di Van Halen però non è confinato nel suo talento di strumentista, ma nell'aver capito dal primo minuto che la scrittura della canzone non deve mai essere lasciata in secondo piano. Tranne per "Eruption" e forse "Spanish Fly" (ma quello fu un divertissiment di Eddie catturato in studio da Ted Templeman), in tutta la discografia dei Van Halen non c'è una canzone sprecata solo per mettere sul piedistallo la chitarra di Eddie. C'è invece una scrittura consona ad una grande hard rock band. A partire infatti dal fortunato 1984, album che ospita la celeberrima "Jump", si faranno sempre più presenti le tastiere e certe asperità figlie dell'hard verranno smussate con linee melodiche ricercate ed assoli spesso più contenuti e più incentrati nel tema della canzone (basti pensare a "Dreams" contenuto in 5150 o a "Right Know" inserito in un disco che amo molto quale For Unlawful Carnal Knoledge...e l'acronimo fatelo voi...). 

In questi giorni, come molti di noi, sono andato a riascoltarmi quei dischi, trovandoci ancora più classe di quanto ricordassi. I riferimenti ai Deep Purple in "You're no Good" (in Van Halen II), il rock più classico in "And the cradle will rock..." (Women and children first), la cover sinuosa di "Dancing in the street" di Marvin Gaye (Diver Down), il martellante ed imperdibile riff di "5150". Su tutti, l'assolo ineguagliabile che il buon Eddie donò a Michael Jackson in "Beat it". 

Con Eddie Van Halen se ne va un innovatore che ha non ha mai avuto paura di giocare con stili e linguaggi - come Jimi d'altronde - a dimostrazione che gli steccati servono sono a chi ha capacità contenute. 

Ci mancherà tanto. Troppo.  

Commenti