Doyle Bramhall II - Welcome

Eric Clapton, Willie Nelson, Sheryl Crow, Elton John, Roger Waters. Questi importanti, alcuni di loro immensi, artisti hanno in comune la sei corde di Doyle Bramhall II, talentuoso chitarrista texano, figlio d'arte. Il padre, Doyle Bramhall Sr., batterista, prestava i suoi tamburi all'interno nei Texas Storm, blues band che nella sua line up poteva vantare Jimmie Vaughan, al secolo il fratello di Stevie Ray Vaughan. Dal padre, il figlio mutua la passione per la musica, cambia strumento - appunto, la chitarra - e si annovera come uno dei session man più richiesti nel panorama rock/blues contemporaneo. 

Il buon Doyle Jr. è da tempo presenza insostituibile nella band di Eric Clapton, oltre ad aver suonato anche nell'acclamato Riding with the king del duo Clapton/BB King, ai quali presta anche due sue composizioni, "Marry me" ed "I Wanna be", gli unici due episodi inediti di tutto il disco. Roger Waters lo ha invece voluto con se per il tour di In the flesh, dal quale scaturirà un ottimo disco live. 

Tante collaborazioni, alcune strepitose come abbiamo visto. Eppure Doyle Bramhall non è Michael Landau, session man camaleontico che sa mutare la propria chitarra alle richieste del produttore o artista di turno. Doyle ha una personalità forte ed un background preciso ed è per questo che piace ai grandi mostri sacri del rock, per il suo approccio a cavallo degli anni sessanta e settanta. 

Andando a cercare nella sua discografia ho scovato una perla. Si intitola Welcome ed è il suo terzo disco solista, datato 2001. Un'opera secondaria per il grande pubblico ma probabilmente uno dei dischi che un chitarrista dovrebbe ascoltare con assiduità per la capacità di scrittura e per la bellezza del suono della chitarra di Bramhall. C'è un nome - dentro Welcome ma in generale nel modo di suonare di Doyle - che riecheggia forte dal suo amplificatore: Jimi Hendrix. Come Jimi, egli è mancino e suona una Fender Stratocaster per destro con la disposizione delle corde "al contrario". Come Jimi, Doyle utilizza prevalentemente suoni fuzz ed Uni-Vibe, creando un suono ricco di medie e bassi. Come Jimi, Doyle ha il gusto dell'assolo, mai fine a se stesso, mai banale. Ascoltate "Green Light Girl" per comprendere quanto l'allievo sia vicino al maestro (ed a plagiare "Fire", ma questo non potrà mai essere un difetto). Il riff deciso e la batteria incalzante lasciano il posto ad un chorus seventies per poi esplodere in un tripudio di fuzz nell'assolo. 

Va ancora meglio nella seguente "Problem Child", un blues rock di per sè abbastanza canonico che si trasforma in una jam impazzita, organo Hammond ed assolo infinito, ma sempre di gran classe. Mai una nota fuori posto, mai un passaggio sprecato. In "So you want it to rain" si respira aria da west coast, mentre l'ipnotica "Life" - quasi un mantra di oltre 5 minuti - alla fine sembra di ascoltare il Prince delle prime composizioni, assolo incluso. 

Gli anni sessanta continuano ad essere fonte di forte ispirazione in "Helpless man", dannatamente vicina ai luoghi di "Come together" dei 4 di Liverpool, mentre "Soul Shaker" riprende alcune idee del Lenny Kravitz dell'esordio, non dimenticando ovviamente la cornice soul. 

La chiusura del disco è affidata a "Cry", toccante lento di oltre 8 minuti di durata, con un assolo intenso e commuovente che il Rolling Stone americano ha inserito nella classifica dei 10 assoli da ascoltare nella vita. 

Welcome è una perla nascosta, un album sconosciuto partorito da un chitarrista talentuoso che non ama l'esibizione della sua tecnica, dimostrandosi allo stesso tempo diretto e convincente nella scrittura (senza troppi fronzoli). Poi, se amate la chitarra, questa è un'opera di altissimo livello




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