Andrea Pomella - Anni luce (e divagazioni sui figli del grunge)

Non mi curo mai di comprare libri appena editi. Mi sembra di essermi perso così tanta bibliografia in questi anni da dover sempre rincorrere. Per Anni luce però mi sono lasciato sedurre dal testo in quarta di copertina "Ten, il primo disco dei Pearl Jam, fu il treno che travolse la mia giovinezza", trascritto in una recensione trovata online. Poi mi sono informato, ho appurato che Andrea Pomella scrive su Il Fatto Quotidiano ed ha pubblicato libri sul Caravaggio e su Van Gogh...non male. Inoltre, la recensione indicava chiaramente la descrizione di un romanzo autobiografico in cui la musica, la mia musica, i miei Pearl Jam, erano al centro del racconto. In più (poi smetto), Andrea Pomella ha 43 anni e parlando della sua giovinezza parla inevitabilmente della mia giovinezza, ossia di quei famigerati anni Novanta. Adesso potete scegliere se proseguire nella lettura o no.

In meno di centocinquanta pagine Pomella racconta la sua storia e quella di Q. Amici di gruppo musicale, poi amici di sbronze ed alla fine amici nel turbinio della giovinezza, il narratore e Q sono l'esatta fotografia di una parte dei giovani cresciuti nei Novanta: ideali politici sbiaditi, famiglie in disordine ed un faro. La luce del faro sono quella serie di musicisti che, per un irripetibile filotto astrale, hanno costellato il cielo di Seattle a cavallo degli anni 90. Sono i Kurdt Cobain, i Layne Staley, i Chris Cornell ma soprattutto, a parere di Pomella ed anche (modestamente) del mio, Eddie Vedder ed i suoi Pearl Jam. Intorno ai Pearl Jam ruota la storia dei giovani Andrea e Q, per i quali Ten, il disco con il quale i Pearl Jam si presentano al mondo, è molto più di un album musicale. Ten è la trasposizione di una generazione, un suono che diventa sottofondo a tutta una parte della vita, l'unico ideale a cui aggrapparsi visceralmente.

Dentro, sopra ed intorno a Ten, Pomella racconta storie di gioventù. Storie che sono le nostre, che non ci sconvolgono perché sono dannatamente reali, sentite, comprensibili. Anni luce è un racconto in prima persona singolare/plurale (Andrea ed Andrea e Q)disarmante nella sua semplicità e per questo sincero. Certo, chi legge queste righe ed ha cinquanta anni oppure venti, non capirà immediatamente di cosa sto parlando. Chi invece ha tra i 35 ed i 45 anni, beh, da lui mi aspetto un sospiro mentre nomino "Jeremy", "Alive" o "Black".

Dunque Pomella parla di lui ed insieme a lui di noi, orfani di un periodo in cui la gioventù era scoperta, alcool, serate di inverno con la chitarra a suonare "Nutshell" degli Alice in Chains, dolori sentimentali leniti con i Temple of the dog, anni universitari sciatti con la prima consapevolezza che il mondo del lavoro ci avrebbe deluso come mai prima nessuna altra generazione. Ma nello stereo dell'auto, nel mangianastri dell'auto, la musicassetta di Ten. Distrutta dai tanti ascolti, andata a memoria.

Ho due ricordi lividi di quegli anni. Avevo Ten registrato in una musicassetta. Lato A e Lato B, come avrebbero voluto i Pearl Jam, perchè loro i dischi li hanno sempre pensati come vinili, su due lati. Una frizzante sera di Maggio, l'onnipresente Ten e l'auto di mio padre. Da solo, ad ascoltare per la prima volta la sequenza iniziale Once-EvenFlow-Alive-WhyGo-Black-Jeremy. Va recitata così, come una poesia, a memoria. Lo sportello mezzo aperto a prendere un po' d'aria, quell'aria di primavera che a Maggio arriva senza avvisare e ti prende alla sprovvista. Anche in questi giorni è così. Ascoltavo questa sequenza senza interruzione, in silenzio religioso: cos'è? - mi domandavo. E' l'inizio della mia gioventù ed al contempo lo spartiacque della mia vita. Quella sera sono diventato io, quella sera la musica mi ha travolto. Ho scoperto la chitarra di Mike McCready, ho scoperto che esistono canzoni che ti segnano l'anima. Ero innamorato, anche. Di un amore di gioventù, basato sul nulla e per questo ancora più puro, onesto.

Se queste cose le avete vissute, allora Anni luce parla anche di voi, anzi parla "a" voi. 

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