Nati quasi
per gioco, per ammazzare il tempo tra un tour ed un altro, da una
intuizione di Dave Schools (mai troppo acclamato bassista dei mitici
Widespread Panic) e dell'ironico Todd Snider, gli Hard Working Americans
sono arrivati al terzo disco, un live. Scelta controcorrente come
tutta la loro pur breve discografica, che ha visto al debutto un
disco di cover (ottimamente selezionate tra alcuni brani oscuri del
songbook americano più o meno recente) seguito dal convincente Rest
in chaos dello scorso anno, con
suoni molto più moderni ed un approccio più serio.
Ma
gli “operai americani” danno il meglio di loro nella catena di
montaggio...ehm, scusate, sul palco e quindi questo We're
all in this together (ed il
titolo non è niente male) dimostra appieno le qualità del sestetto
quando si trova nel suo elemento naturale, davanti ad un bel pubblico
all'interno di uno dei mille festival negli States.
Il
primo punto di forza dell'album è la coesione del gruppo, con i sei
operai che di certo non tradiscono il loro pedigree: Neal Casal e
Jesse Aycock alle chitarre sempre diligenti e mai sopra le righe, un
vero vocabolario del rock americano a portata di mano. E poi le belle
tastiere di Neal Staehly e la batteria del fratello d'arte Duane
Trucks (ebbene si, il fratello di Derek...). Nonostante due soli
album in studio alle spalle, gli HWA suonano equilibrati e compatti,
una vera lezione per tante band che hanno ancora il vizio di
presentare live tronfi, stonati o presi a mille all'ora.
Il
repertorio poi tradisce la vera anima americans della band, tra suoni
anni sessanta (Stomp & Holler
e The High Price of inspirations),
puntate nell'hard rock (Burn out shoes)
ed addirittura la cover di School Day del
maestro Chuck Berry. Il tutto senza prendersi troppo sul serio ed al
contempo non sbagliando una nota, un approccio od il groove.
Ed
anche lo stesso Todd Snider, per il quale il sottoscritto non ha mai
nutrito grandissime simpatie, si dimostra animale da palco e grande
leader. Certo, con quella potenza di fuoco a fianco non è così
difficile trovarsi a proprio agio, ma la voce finalmente è ben messa
a fuoco e lui “sta nel suo”.
Adesso,
dopo questa bella prova live, arriva al difficile: scrivere un
secondo disco di inediti al livello del primo senza dimenticare il
fuoco di fila che ci propongono con questo We're all in
this together. Oppure con
questo live si vorranno congedare e tornare alle proprie carriere? Ai
posteri....
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