Domenica 21 Maggio sono andato al Guitar Show di Padova.
Erano moltissimi anni che mancavo ad un evento simile, addirittura dal 2001
quando ancora era in piena forma la Fiera della Musica a Rimini, un momento
esaltante per tutti i musicisti ed interi padiglioni pieni di strumenti
disponibili per essere provati, accarezzati ed “odorati”. Da quanto ne so,
quell’appuntamento non esiste più e da qualche anno la centralità è stata presa
da Milano con il suo Guitar Show. Questo di Padova dovrebbe essere la versione
nord-est di quanto proposto a Milano, tant’è che è stato concesso il copyright
del nome “Guitar Show”. Pur non essendo mai stato alla versione meneghina, l’eco
degli articoli e dei racconti mi hanno invogliato a provare questo spin-off
veneto, al debutto quest’anno.
La prima perplessità ancora prima della partenza: la
manifestazione avrà luogo all’Hotel Sheraton di Padova, non proprio il luogo
che ti aspetteresti per un evento dedicato alla sei corde. Mi faccio l’idea
che, come tutti gli imponenti alberghi della catena Sheraton, potrebbero avere
una zona convegni di grandi proporzioni. Altrimenti, con tutti gli espositori
previsti, come ci entriamo?
Mi attende comunque un’ora e mezza di auto ed onde evitare
le ore “più calde” conto di arrivare entro le 14:00. La location in effetti è
molto suggestiva, l’albergo ha almeno 10 piani, un ampissimo parcheggio
custodito (al modico prezzo di € 4,00 tutta la giornata) ed uno spazio verde di
“decompressione”. Mi piace. Ma di zona Fiera nemmeno l’ombra. Si entra, invece,
dall’ingresso principale dell’Hotel e l’evento si sviluppa su due piani: il
piano terra ed il primo piano. Senza tirarla troppo per le lunghe: gli spazi
sono angusti, nel primo piano gli espositori sono ospitati in quelle che
dovrebbe essere ex-camere di albergo. Insomma, la location è un flop.
Passiamo però al lato musicale. Da musicista e soprattutto
da chitarrista non posso più affermare di nutrire la stessa curiosità che avevo
venti anni fa. Adesso ho bene in mente (o meglio, nelle orecchie) il suono che
preferisco ed al quale ambisco, tutto il resto le trovo proposte che allargano
la possibilità di scelta ma molto lontane da me. Innegabilmente bisogna
constatare che l’industria musicale italiana è molto cresciuta e che le
proposte interessanti non mancano, soprattutto nel settore degli amplificatori.
A Padova la parte del leone l’ha fatta Mezzabarba, che altro
non è che lo spin-off della Masotti nata però con molta autonomia e con la
voglia di ripartire da zero. Per il Guitar Show Mezzabarba ha portato Giacomo
Castellano (Raf, Gianna Nannini etc…). Il grande Castellano (veramente
prodigioso) si è esibito in una performance atta a dimostrare le doti delle
testate Mezzabarba, compreso cabinet 4x12 dichiaratamente presentato come
replica della Marshall 4x12 del Plexi. Debbo riconoscere a questi ampli una
bella timbrica ed un canale clean convincente, smaccatamente Plexi anche lui.
Purtroppo però la proposta italica continua a mancare (a mio modesto avviso) di
un certo “calore”. E, soprattutto, le distorsioni sono veramente spinte…della
serie: “Crunch, questo sconosciuto”. E’ una caratteristica tipica della
produzione nostrana, che ovviamente non diventa un difetto se si suona musica
con distorsioni importanti. Per la mia sensibilità però il suono troppo pompato
lascia poca possibilità al chitarrista che ama un suono più pulito o
leggermente distorto di raggiungere il proprio standard.
Laddove invece Mezzabarba/Masotti sta raggiungendo l’apice è
nei pedali. Bellissimo il White Box, un Booster pregevole per bellezza di suono
e per robustezza del case. In generale, niente da dire sul mondo dei pedali,
per cui l’Italia è veramente al passo con la produzione inglese o americana.
Anche i rivenditori si sono accorti di questa qualità, per cui moltissimi
espositori accanto ai soliti TC Electronics
o Ibanez proponevano i vari Vinteck o LAA Custom, che nulla ormai hanno
da invidiare alle grandi marche estere.
Il settore delle chitarre, ovviamente, la fa sempre da padrone.
E qui si ritorna alla solita iper proposta, soprattutto nel mondo della
liuteria artigianale. Chitarre stupende, colori ammalianti e forme sinuose: ce
n’è per tutti anche se non proprio per tutte le tasche (se volete una chitarra
economica d’altronde non dovete rivolgervi alla casa di liuteria).
La sensazione, però, è quella di un mercato fermo non tanto
sulla proposta, che come abbiamo visto è importante e variegata, quanto nel
settore vendite. Si percepisce un certo scoramento dei negozianti ed anche
quelli presenti a Padova mi sono parsi disillusi rispetto all’evento. Si
vendono poche chitarre e quasi tutte nel comparto dell’usato.
Provo ad accennare qualche riflessione.
1 Il nuovo
e di marca costa troppo. Qualcuno può forse confutare? Infatti a Padova di
chitarre di un certo livello nuove praticamente ne abbiamo viste poche. Vuoi
una Gibson Les Paul Custom nuova? Devi ordinarla, troppo rischio tenerla
invenduta in negozio
2 Il nuovo
(anche se caro) non è sintomo di qualità. Lo sappiamo che il livello delle
grandi marche è andato a scemare in questi anni
3 Ti piace
una chitarra? Bene, adesso puoi scegliere tra trenta modelli diversi… Come
le automobili, ormai anche qui abbiamo gli allestimenti. Voi ci capite più
qualcosa? Io no….
Al nuovo non ci crede più nemmeno il più grande importatore
italiano, quel Casale Bauer che rappresenta da anni tutti i nostri desiderata. Si
è presentato con un allestimento deprimente, qualche Fender Stratocaster e
Telecaster ed il nuovo ampli Fender Mustang. Puntano molto sulle Guild, ma la
svogliatezza che si respirava in quella stanza rischiava di essere contagiosa.
Alla fine della fiera (è proprio il caso di dirlo…) non mi
sento soddisfatto della giornata, per non parlare del biglietto di otto euro a
persona, che non si giustifica rispetto all’offerta proposta. Il nostro amato
settore della sei corde smuove molti appassionati, vende poche chitarre e l’unico
mercato ancora bello arzillo è quello legato al mondo del metal. Per il resto,
la strada per tornare indietro ai dati di inizio 2000 è molto in salita.
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