John Fullbright - From the ground up

Capita. Nella miriade di proposte discografiche che si succedono senza soluzione di continuità, perdersi qualche disco che è uscito è la cosa più ovvia del mondo. Questo nonostante il presente blog abbia un focus abbastanza mirato.

Mi ero perso, lo confesso, John Fullbright ed il suo esordio From the ground up, licenziato nell'anno 2012 e nominato nel 2013 per Best Americana Album. Non vincerà, ma all'esordio non è poi così male come riconoscimento.

John Fullbright arriva da Bearden, Oklahoma. In pratica, viene dal nulla. Sia ben chiaro, quel nulla che ci piace tanto, necessario per togliersi di dosso la patina mainstream ed affondare il colpo ed i pensieri nelle ferite aperte dell'America. From the ground up è un capolavoro, ma è tutt'altro che un disco facile.La formula che Fullbright utilizza per il suo ingresso nella discografia è di utilizzare suoni e riferimenti vintage, oltre ad avere sul comodino la fotografia di Woody Guthrie da cui sembra attingere a piene mani.
D'altronde Guthrie non proveniva forse da uno sperduto paesino dello sperduto Oklahoma, tale Okemah?

From the ground up si apre col blues elettrico di "Gawd above", convincente e passionale, oltre che trascinante, per poi proseguire con gli oltre sei minuti di "Jericho", brano che necessita di numerosi ascolti per poi scoprire che si tratta di un autentico capolavoro.

Oltre che essere un bravo songwriter, Fullbright è un polistrumentista, così le composizioni di pianoforte danno ancora più spessore al disco, con una cupezza di scrittura ed interpretazione che disegna un percorso inatteso: sarà forse folk, ma non di quello convenzionale. Se non fosse troppo azzardato il paragone, potremmo dire che il vero erede di Dylan è in queste tracce.

Ma soprattutto, il valore aggiunto del ragazzo dell'Oklahoma è che non assomiglia a nessuno, ha una scrittura ed una personalità talmente forte e particolare da renderlo unico.

Andatevi a riprendere questo disco, una vera perla.

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