Per conoscere a fondo le basi della cultura folk blues è
necessario addentrarsi in storie, racconti ed aneddoti che fanno parte di una
narrazione persa nel tempo, ma di cui si sente forte il sapore e l’attrazione
figlia della leggenda.
In vista del tributo a Peppe Costarelli, con i Juice Blues
abbiamo setacciato alcuni traditionals alla base della storia del blues, brani
di cui si ignora totalmente l’autore e che sono stati tramandati nei campi di
cotone essendo nati come gospel, poi solo successivamente musicati. L’alone
di mistero sprigionato anche solo dai
titoli è grande, così come la timidezza di fronte alla grandezza storica dei
grandi bluesman che nei decenni hanno interpretato questi piccoli gioielli di
storia.
Tra i tanti ci ha colpito Stagger Lee, un folk blues
risalente ai primissimi del Novecento la cui storia è affascinante ed avvolta
di mistero. Stagger Lee, spesso in slang rinominato Stagelee, Stack O’Lee,
Stackalee e una miriade di altre varianti, la tradizione orale in questo senso si
fa sentire in tutta la sua storicità,
era un brigante sanguinoso che popolava il Sud degli Stati Uniti. Per
colpa di un cappello Stetson che si intuisce fosse stato perso da Stagger per colpa del gioco d’azzardo a favore di un
tal Billy DeLyon, da efferato esponente della malavita se ne riappropria
uccidendo DeLyon con una pistola. La leggenda vuole che le autorità fossero
troppo impaurite dalla sua figura di cattivo da non incriminarlo ed arrestarlo.
Questa storia da far west, nonostante siamo nell’afoso SouthEast (ma
l’America pur essendo immensa in realtà si somiglia molto) è stata musicata da
nomi leggendari del blues. Su tutti, e lo scrivo con immensa devozione nei
confronti di uno dei miei miti, Mississippi John Hurt, il quale ne propose una
storica versione (correva l’anno 1928) rinominata Stack O’Lee Blues, nella
quale ovviamente la storia viene narrata con qualche correzione rispetto a
quella che ho sopra riportato. Come se ciò non bastasse, Bob Dylan fece suo
questo traditional riferendosi alla versione che nel 1927 registrò, in un
nastro molto disturbato dai rumori di fondo, un certo Frank Hutchison, country
bluesman del West Virginia, il cui mise titolo per l’occasione il titolo Stackalee.
Da ciò si evince l'importanza di questi racconti popolari nella cultura statunitense, in particolare della cosiddetta tradizione orale afro-americana e la sua influenza anche nella musica a stelle e strisce, in particolare nel folk blues.
James P. Hauser, studioso delle leggende popolari che hanno influenzato il blues, è stato colpito dalla versione che del brano fece Huey Lewis, importante cantante della tradizione pop americana. In quella registrazione, ritmo e cori che accompagnano una voce scintillante creano una atmosfera gioiosa, di fatto in forte contrapposizione di quello che la storia narra. Perchè? Hauser si spinge ad immaginare un meta-significato, spiegando che il testo sia solo un pretesto, una grande metafora americana.
Interpellando diversi studiosi di storia e costume, scoprì infatti che Stagger Lee nell'immaginario collettivo significava il combattente per la libertà degli afro-americani. Una figura di "cattivo" dunque che però, per dirla con un altro personaggio famoso, rubava o uccideva i ricchi per vendicare i neri poveri.
A parte queste numerose interpretazioni, Stagger Lee è un brano leggendario, rivisitato in migliaia di salse ma oggi quasi scomparso dalla musica contemporanea. Noi Juice Blues ne offriremo una versione veloce, blues elettrico un po' texano, utilizzando però il testo originale. Con qualche timore reverenziale, naturalmente, soprattutto pensando a chi prima di noi lo ha interpretato.
Vero, caro vecchio John?
se mi dai il tuo indirizzo alla mia mail bartolofederico@alice.it ti mando il libro.ciao e grazie Ale
RispondiElimina...e quanto è bella la versione di Nick Cave? Uno dei suoi pezzi più coinvolgenti, anche se forse si discosta un po' dalla tradizionale americana.
RispondiEliminaconcordo. d'altronde la bellezza del blues è la reinterpretazione
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