Cugini di Counting Crows e Black Crowes

Quello che arriva da questa parte dell'Oceano Atlantico relativamente alla musica americana è solo una piccola e commerciale parte di ciò che in realtà si muove nel paese dei 52 stati a stelle e strisce.
Chi legge questo blog con una certa frequenza sa che uno degli obiettivi è far conoscere al pubblico italiano un genere musicale, che viene chiamato in due modi: Americana o American Classic Rock, che in realtà è semi sconosciuto nei nostri lidi. Naturalmente in chiave moderna, contemporanea.

Stiamo parlando dei figli di Bob Dylan & the Band, degli Allman Brothers, dei Grateful Dead. Direi che sono questi i tre grandi riferimenti, i padri putativi di questo genere.
Ora, per inquadrare ancora meglio di cosa stiamo parlando, è doveroso omaggiare le due band più conosciute e famose del genere: da una parte i Counting Crows e dall'altra i Black Crowes. Se volete sapere come suona il rock americano contemporaneo/Americana sintonizzatevi sulle loro frequenze.

Caratteristiche?
Grandi arrangiamenti, melodie in primo piano, un sottofondo blues, il racconto dell'America di Provincia. Se non fosse troppo tecnico, direi che tutte queste band hanno anche una line up molto simile: cantante (grande voce, sempre), due chitarre dai compiti non troppo definiti, tastierista (che in realtà utilizza due suoni: pianoforte ed organo), basso e batteria. Sei elementi. Qualcuno esagera (Counting Crows, sette con tre chitarre), qualcuno fa combaciare con cantante o chitarrista anche il ruolo di tastierista. Più avanti vedremo con maggiore attenzione queste band.

Andare a scovare i cugini di Counting Crows e Black Crowes vuol dire fare un tour negli Stati Uniti. Non ci sono band che vengono da New York o da Los Angeles. Non c'è nessuna concessione alle classifiche di vendita, ai Grammy Award o alle riviste patinate, ma canzoni cesellate nota per nota come faceva Robbie Robertson con la sua Band, a descrivere le storie di tutti noi, provinciali senza lode ed apparentemente senza gloria.

I più conosciuti, vendite alla mano anche nel nostro continente, sono i The Fray. Il quintetto del Colorado viene dalla capitale Denver e col primo disco e soprattutto con How to save a life sono entrati prepotentemente nell'air play radiofonico. La bella voce di Isaac Slade (che si accompagna con il pianoforte in quasi tutti i brani) guida un gruppo dai suoni perfetti che al gusto americano unisce anche una innata passione per gli inni rock alla U2 (ma anche alla Counting Crows, of course).

Hanno avuto un grande successo a metà degli anni novanta gli Wallflowers, guidati magistralmente dalla voce roca e soffusa di Jakob Dylan (si, è il figlio di cotanto padre). Nessun disco meglio di Bringing down the horse descrive il genere di cui parliamo. Tantomeno, nessuna canzone meglio di One headlight. Gli Wallflowers, tornati alla luce nel 2012 dopo una pausa di riflessione, poggiano gran parte della loro fortuna sull'Hammond infuocato di Rami Jaffee, che quasi fa scomparire la chitarra come primadonna della band. Dylan jr. ha lo stesso talento del padre nel descrivere le storie minori, e negli ultimi dischi ha preso ad essere ancora più intimista. Da Breach in poi suonano molto come la E-Street Band del boss, togliendosi forse un po' di originalità, ma sono la chicca quasi dimenticata del lotto. Ovviamente, da San Francisco con furore.

Sempre da San Francisco, California, ricordo gli inizi di una band che adesso ha completamente perso la retta via. I Train hanno dato alle stampe due dischi fantastici: Drops of Jupiter (andate subito a beccare il video su youtube della title-track ed esclamerete "Ahh questa!") e My Private Nation, che tra l'altro contiene la loro canzone più convincente, Calling all angels. Poi si sono innamorati eccessivamente delle classifiche. I più pop di quelli che trattiamo qui, ma che classe nello scrivere canzoni.

Nel 1994 nel sud degli Stati Uniti una voce profonda sconquassava le classifiche imperanti di grunge. Lui, Darius Rucker, era il singer dei rimpianti Hootie & the Blowfish, gran gruppo di Columbia nel South Carolina. Ufficialmente erano in quattro, ma nutrivano i loro dischi di numerose sovraincisioni e soprattutto sapevano dannatamente di provincia. Grandi canzoni (Let her cry è irraggiungibile ancora oggi per bellezza e semplicità), begli assoli di chitarra elettrica su un tappeto di acustiche ed un disco iniziale Cracked Rear View che fece gridare al miracolo. Oggi si esibiscono solo per beneficienza e Rucker ha una avviata carriera solista come countryman a conferma che la loro forza era una certa vena country/rock del sud.

Profondi e melodici sono gli Augustana, formatisi a Greenville nell'Illinois. Capitanati dalla voce dolce di Dan Layus, tra l'altro anche ottimo pianista, con Boston hanno scritto una delle canzoni più memorabili del decennio che stiamo vivendo. Alcuni li definiscono Keane-oriented, ma non c'è niente di più sbagliato: gli Augustana devono molto ai The Fray in quanto a capacità di comporre canzoni che si attaccano alla mente per non lasciarla più. Nonostante questa caratteristica sono ancora nell'ombra, il che probabilmente sta a significare che resteranno un gioiello per pochi.

Ancora nel Midwest. Da Columbus, Ohio, solitamente non giungono grandi echi musicali, ma la sua posizione isolata all'interno dello swing-state per eccellenza lo rende evidentemente appetibile per questo genere musicale: storie di tutti i giorni in prima linea, racconti di una america che non può e non vuole essere cool. E dunque simboli di Columbus sono i Red Wanting Blue, il cui seguito nella addormentata città di Colombo (una delle migliaia sparse nel paese a stelle e strisce) è molto forte. Gavetta, tanta gavetta per i cinque musicisti, ed addirittura un camper di medie dimensioni con il quale hanno girato l'America in lungo ed in largo. I fan a poco a poco sono aumentati, d'altronde i requisiti li hanno tutti: una voce riconoscibile dal primo ascolto, belle idee e la tradizione confermata di chi cerca un rock sincero e ottimamente arrangiato. Poi danno alle stampe un disco sopra la media, From the vanishing point, e vengono ospitati al David Letterman Show. Boom! Onesti, frugali nell'abbigliamento e forse anche un po' sfigati (hipsters). Columbus, Ohio.

La scoperta che maggiormente mi ha entusiasmato nell'ultimo periodo è un sestetto fantastico proveniente da Knoxville, Tennessee e che risponde al nome di The Dirty Guv'nash. Visto che con difficoltà si trovano band che possono avvicinarsi al mood dei Black Crowes, nei TDG la vena degli anni settanta è frullata con un impeto ed un sorriso costante che rendono la loro musica vibrante e diretta. Rappresentano poi la tradizione di questo genere, nonostante abbiano alle spalle solo due dischi. Ma Young is our blood (il titolo è una bella auto-descrizione) è pura energia condensata nella line up tipica: intrecci sonoro di gusto sopraffino, grande anima blues e molto spirito southern. Sarebbero gli eredi naturali dei Black Crowes, anche se sarà il tempo a dire dove andranno. Per ora, la band più entusiasmante che sia nata negli ultimi anni.

Con un nome irresistibile, The Truth & Savage Co. , e con un look che è plagio della Band, i sei ragazzi formatisi a Los Angeles ma proveniente da diversi luoghi negli States sono sempre più convincenti ad ogni disco. L'essenza può dare qualche rimando anche ai Kings of Leon, ma c'è poco anthem nella loro musica e tanto sottofondo acustico. L'indole della Compagnia della verità e della salvezza è un viaggio lento nel folk/rock, che qua e la si elettrifica per delle scorribande convincenti nel rock più stiloso.

Chiudo questa rassegna con un quintetto dal gusto incredibile nello scrivere canzoni ma soprattutto chorus: The Wild Feathers. Anche loro figli dell'America più vera, da Nashville Tennessee con furore, hanno nel sound Counting Crows un faro che illumina la via. Di diverso c'è un grande uso dei cori ed anche in questo caso un occhiolino strizzato alla Band, la cui eredità in questi anni sembra essere rifugio per tanti artisti.

Mi auguro tra qualche tempo che questa panoramica potrà essere portata anche nei palchi vicino alle vostre case dalla mia band, Americana, che propone un tributo musical/letterario a questo paese immenso e pieno di risorse.







Commenti

  1. Ieri ti avevo lasciato un commento, ma è sparito. Volevo solo farti i complimenti per l'analisi dettagliata, dirti che mi sono perso gli Augustana e che andrò a cercarmeli sicuramente e che se non abiti troppo lontano magari si può organizzare un concerto con gli Americana presso l'associazione culturale di cui faccio parte.
    ciao :)

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  2. Grazie carissimo,detto da te è un bel complimento. Dunque, noi siamo tutti marchigiani ma il progetto Americana è nato per un pubblico attento e dunque per eventi che possono valorizzare la nostra idea. Se c'è un palco attrezzato ed un pubblico attento noi ci muoviamo dappertutto. In questo momento il 2014 sino a Settembre sembrerebbe già completo, ma dalla metà di ottobre a fine anno accetto proposte

    Ale

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  3. Allora, visto che abbiamo tempo, se ne può riparlare. Noi abbiamo un palco interno e uno esterno, impianto luci, mixer,etc.Abbiamo già ospitato una decina di concerti e di eventi letterari ( ha suonato Marco Sbarbati, Ezio Guaitamacchi, e Gianni Biondillo è praticamente di casa).
    Alla prossima :)

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  4. Bene! Ne ho già parlato con gli altri e se riusciamo a definire con un po' di anticipo (e di certo, ci riusciamo) la trasferta noi siamo onorati. Direi che intorno a Febbraio/Marzo possiamo fissare una data.

    A presto!

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