B.B. King. Perugia, 16 Luglio 2011

Il sabato di Umbria Jazz che prelude alla giornata conclusiva di questa edizione 2011 è completamente dedicato al blues. Fortunatamente, il meteo ci aiuta. Diversamente dalle torride giornate di metà luglio tipicamente perugine, la temperatura è ideale, il sole è velato di tanto in tanto da qualche nuvola passeggera che aumenta il sollievo ed una brezza inaspettata ci dona una giornata perfetta per godere del programma.
In attesa dell'evento clou della sera (leggasi B.B. King), ci scaldiamo con i concerti gratuiti nei giardini Carducci. Le band che si alternano sono una lieta sorpresa. All'ora di pranzo si esibisce Ezra Charles e la sua Texas Blues Band. Il sestetto, orfano del basso sostituito da una base preregistrata, è godibilissimo e propone un repertorio di combo tipicamente texano, dove protagonista è la sezione fiati (1 sassofono e due tromboni). Come nella tradizione dello stato con l'unica stella, la chitarra si ritaglia in ogni canzone il suo spazio per l'assolo. Michael Seybold utilizza una Fender Stratocaster con pick up Di Marzio, mentre i suoni sono affidati ad un Fender the Twin e pedale Overdrive. I suoi interventi sono molto Steve Cropper - style, melodici e pentatonici. Forse insiste molto sugli ostinati, però il suono della Strato è bellissimo e comunque sembra di trovarsi di fronte ad una perfetta interpretazione blues, senza troppi fronzoli, e questo ci entusiasma. Piccola notazione al capobanda, tale Ezra Charles al pianoforte ed alla voce, vestito di un orrendo completo fucksia e pienamente nella parte del bluesman. Se il buongiorno si vede dal mattino...

Alle 15:30 è il momento dell'Allan Harris Quintet. Nel piccolo stage accanto a Piazza Italia la pausa caffè ci permette di conquistare la prima fila. La preparazione dell'esibizione è meticolosa. Allan Harris, cantante e chitarrista, utilizza una pedaliera molto empirica, con Delay e Chorus in prima fila, oltre ad un pedale wha della Cry Baby. Leboef alle tastiere alterna Pianoforte e Nord Stage, mentre per il bassista c'è una testata Mark Bass che si conclude con un enorme cabinet 8x10, sempre Mark Bass.
Harris ha una gran voce, un crooner di colore alla Barry White, e la sua interpretazione è magistrale. I pezzi sono jazzy, a tratti si sfiora un jazz lounge da aperitivo, anche se il ritmo è sempre incalzante. Il sassofonista rende il combo ancora più godibile, ma la vera stella è tale Jake Goldberk dietro le pelli. Mai sentito un batterista così dal vivo. I suoi passaggi sono magici. Una interpretazione jazz/blues con un impeto rock. Scioccati da tanta bravura ci spostiamo a lato del palco, per sentire il fantastico batterista senza l'amplificazione generale. Se possibile, la sua interpretazione è ancora più strabiliante. Ne captiamo le sfumature in ogni passaggio, consapevoli che tra qualche anno lo ritroveremo a fianco di qualche grande nome della musica contemporanea.
Al termine dell'esibizione ci spostiamo nell'area riservata agli artisti, e con grande fortuna riesco a scambiare due parole con il tastierista Leboeuf e con il mitico (ormai per noi) Jake Goldberk. Entrambi sono di New York City e sono simpaticissimi. Soprattutto ci parlano in maniera entusiastica di Trombone Shorty, che introdurrà in serata l'esibizione di B.B. King. A corredo della simpatica chiaccherata, mi chiedono di salire sul palco con loro nell'esibizione della sera. Declino l'invito, ed ancora adesso mi chiedo se la loro richiesta fosse consapevole...

L'Henry Butler Trio è interessante ed anch'esso molto traditional, ma decidiamo di staccare per arrivare con largo anticipo all'Arena Santa Giuliana per il concerto serale.
Il vecchio Stadio è ormai una struttura imprescindibile per Umbria Jazz. Con dei bellissimi pannelli in bianco e nero, blues style, sembra di essere realmente in una arena romana, e la nostra visuale dalla gradinata è perfetta.
In perfetto orario alle ore 21:30 sale sul palco Trombone Shorty e la sua Orleans Avenue. Noi, come tutto il pubblico presente, siamo scioccati. L'impatto è devastante, con un chitarrista distortissimo ed un bassista in slap continuo che reggono la base per un due di fiati eccezzionale, un percussionista esemplare ed un batterista dall'impeto irresistibile. Sembra di sentire la Dirty Dozen Brass Band che si unisce ai Rage Against the Machine. Mai sentito nulla di simile. Quando entra Trombone Shorty si sfiora l'apoteosi. Il giovane di New Orleans ha solo 25 anni ma è già considerato il più grande trombonista/trombettista vivente. Quando suona riscrive totalmente i canoni dei suoi strumenti. Raggiunge vette inaspettate, riempie di suono la notte di Perugia, mentre viene accompagnato da una band di talenti puri. Mano a mano che l'esibizione va avanti è chiaro che loro non sono un gruppo spalla, ma la vera attrazione della serata. Il chitarrista, Les Paul Standard rossa e Fender the Twin, utilizza una distorsione killer con assoli pazzeschi intervallati da un wha wha molto funky, ma è l'intero gruppo a lasciare stupefatti. I pezzi sono bellissimi, continui riff della sezione fiati doppiati dagli strumenti elettrici. Noi balliamo senza sosta sulle gradinate, e l'ora ed un quarto di concerto finisce troppo presto.

Quando cala il sipario la voglia sarebbe quella di riprendere l'auto per la via di casa, visto quanti stimoli musicali ha dispensato Trombone Shorty. Ma il mio obiettivo è un tale B.B. King.
Sgombriamo subito il campo da equivoci. Il signor Riley B. King è del 1925 e naturalmente tutti siamo consapevoli che il suo stage sarà ridotto. Sinceramente, non so nemmeno cosa aspettarmi. Le ultime esibizioni lo descrivono stanco, mentre l'ultimo disco in studio sembra essere ancora il ruggito del leone. Quindi, sono più curioso ed emozionato che in attesa di chissà cosa.

La band che lo accompagna è maestosa. Sezione fiati composta da 4 elementi, un chitarrista di colore e molto paffuto, un bassista ed un batterista altrettanto corpulenti e dietro l'organo Hammond un minuscolo tastierista. Tutti rigorosamente di colore ed in là con gli anni. Già questo mi esalta: si entra nel blues accademico. L'introduzione musicale della band dovrebbe essere utilizzata dalle enciclopedie per descrivere la parola blues.  I musicisti sfiorano la perfezione. Anzi, mi prendo la responsabilità di utilizzare la parola "perfetti".
Dopo circa 10 minuti di swing entra lui, il Re del Blues. E' dimagrito rispetto alle ultime esibizioni e comunque sembra in ottima forma. Prende posto su una sedia davanti alla batteria, al centro del palco. Dopo 1 minuto arriva la fida Lucille. Ci siamo, ho aspettato per molti anni questo momento. Dopo una lunga introduzione della band, l'attacco di "Key to the highway" è commuovente. La voce è sempre inconfondibile, ma per i primi due giri di canzone Lucille sembra essere a riposo. La sfodera a metà brano, ma le mani sono fredde e l'assolo è brevissimo. In ogni caso, il pezzo è da brividi e la band lo suona come mai avevo sentito da nessun bluesman dal vivo. Questo è il blues vero, non c'è dubbio. Senza andare per le lunghe, si gioca subito le due carte che tutti si attendono: "The thrill is gone" e "Rock me baby". Sulla prima l'assolo è finalmente completo, completamente B.B. King, mentre già in "Rock me baby" si intravede un poco di stanchezza.
Il resto è puro cabaret. Scherza con le donne ("Al mio quattro baciate qualcuno, non importa chi sia") e con la band. Lancia al pubblico plettri e collanine, balla sulla sedia muovendo la pancia a ritmo di swing.

Insomma, niente di più da chiedere al Re 86enne del blues. E' vero, le canzoni complete che ha suonato e cantato sono tre o quattro ("You are my sunshine" è stato un divertissement), ma solo "Key to highway" valeva l'intero costo del biglietto.

Quanto ad Umbria Jazz, si conferma il trend degli ultimi anni. Di jazz ce n'è ormai poco, mentre ormai la rassegna sembra essere dominata dal blues e dal funk. Con ottimi risultati.

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